di Imperia Luz Mezzetti, settebre 2004 |
I semi delle nostre esperienze di coppia stanno nelle prime forme d’apprendimento. Nasciamo con un corredo che è quello delle emozioni (paura, fame, smarrimento, fusionalità, benessere) che ci permette di creare la prima categoria nei confronti del mondo: la categoria del Piacere/dispiacere. Chi risponde ai nostri bisogni ha la facoltà di agire in modo più o meno adeguato. Questo è l’inizio della nostra Comunicazione affettiva Il primo codice mentale che ci guida alla sopravvivenza biologica e psicologica è quest’emozione piacevole/spiacevole All’emozione si lega un sentimento, una colorazione positiva o negativa che, quando include un altro dà vita ad un affetto. Emozione sentimento affetto Fame negativo (qualità dell’esperienza) Un meccanismo che va per associazioni, il più semplice, efficace ed economico. All’inizio della vita siamo legati per la sopravvivenza alla figura materna, perché risponde ai nostri bisogni, noi impariamo che esiste un mondo diviso in due categorie piacere/dispiacere, amico/nemico. Se l’altro risponde al nostro bisogno, quello della nutrizione, dell’accudimento, comunque lo faccia è buono. Questo è l’inizio della nostra comunicazione affettiva: piacere/dispiacere, buono/cattivo, amore/odio Ogni volta la madre si fa carico dell’angoscia del piccolo nel momento del bisogno, alleggerendolo e insegnandogli a tollerare le piccole frustrazioni, permettendogli di acquistare fiducia nell’altro, nel mondo e nella capacità di richiesta che lui stesso ha messo in atto. In questo modo il piccolo può acquisire Fiducia nell’altro: che sarà riconosciuto Fiducia nel mondo: esistono soluzioni Fiducia in se stesso: sono capace di agire sul mondo, sono efficace I fallimenti materni possono essere di due tipi: 1) l’incapacità di soddisfare i bisogni del figlio, nel senso della carenza 2) l’intrusione e l’interferenza nei momenti di quiete Entrambi i tipi di deficienze materne sono sperimentati dal bambino come una terrificante interferenza nella continuità della sua personale esistenza. Per necessità di sopravvivenza il bambino si sintonizza, prematuramente o coattivamente, con le richieste o le domande degli altri. Se c’è carenza o invadenza nei suoi bisogni il bambino non può permettersi di seguire il suo ritmo naturale, perché deve essere preparato a rispondere a quanto gli si chiede e gli si offre. Perde il contatto con i suoi bisogni e gesti spontanei, quando questi non hanno alcuna relazione con quanto la madre gli offre. La conseguenza è la scissione tra un “vero sé” ed un “falso sé” su base compiacente. Il “vero sé”, la sorgente dei suoi bisogni si nasconde, evitando la possibilità di esprimersi. Il bambino diventa l’immagine che la madre ha di lui: Il “falso sé” è la risposta efficace per avere la sensazione di esistere, (anche se all’interno di una immagine pre-formata nella fantasia genitoriale).. Tuttavia anche nelle circostanze migliori, l’essere una persona è un fenomeno fragile e incerto, e c’è sempre una tensione fra esperienza soggettiva e realtà oggettiva. Tutti noi cominciamo la vita in una totale dipendenza dagli agenti delle cure materne, che riconoscono e facilitano i nostri bisogni e desideri e ci offrono persino la possibilità di conoscerci e di diventare noi stessi. Questa totale dipendenza implica necessariamente una vulnerabilità alle azioni esterne e alle intrusioni. Rimane comunque un inevitabile residuo di autenticità e vulnerabilità, è uno spazio privato di realtà soggettiva, che si conserva sempre inaccessibile agli sguardi pubblici. “Al centro di ciascuna persona, c’è un elemento segregato, e questo è sacro e veramente degno di essere preservato” Essere se stesso, prendere le distanze a “misura di persona” anche da ci aiuta, per esprimere la propria soggettività. Anche il bambino autistico che si percepisce preda di costanti intrusioni, si difende staccandosi dalla realtà per non morire. Nel corso normale dell’evoluzione ognuno di noi sperimenta se stesso attraverso l’altro, che gli permette di conoscersi, di sperimentarsi. Questa è una fase necessaria per la costruzione dell’IO, per arrivare al tu. E’ la fase narcisistica. La dipendenza di questo primo periodo della vita ci fa vivere in simbiosi con la madre: “lei è il mio proseguimento, la mia risposta (l’unica buona o cattiva), ma per quanto cattiva la conosco e imparo a tenerla sotto controllo, fare nuove esperienze può essere pericoloso” Le caratteristiche di questa fase sono: - Simbiosi: istinto di sopravvivenza - Senza di lei muoio - La realtà è distorta: lei è un mio proseguimento - Risposte immediate: non c’è tolleranza - Lei ha quello che a me manca - Esaltazione dei sensi…. il piacere dell’eccitazione, tatto, udito, odorato, oralità (bacio) - Le emozioni sono agite - La fusione ed il possesso - L’altro è un oggetto d’investimento del piacere, ci completa - Per bisogno si tende ad assomigliare all’immagine idealizzata che l’altro ha di noi - In due formiamo uno - Nella sofferenza, il disagio, c’è la chiusura. Questa situazione si ripresenterà più avanti negli anni, nel periodo dei primi innamoramenti. Analogia con l’innamoramento: 1) Si basa in buona parte sull’attrazione fisica appartiene alla nostra parte più antica, più riguardante l’istinto 2) la figura del partner viene esaltata fino a divenire un’ossessione “senza di lui/lei la mia vita non ha senso” 3) la realtà viene distorta, tutto è in funzione di lui/lei 4) è fondato solo sul presente, non è un progetto, si alimenta dell’immediato 5) copre una solitudine, una mancanza 6) è esaltazione dei sensi, permette a noi stessi di sperimentarci (IO) 7) la ragione è bandita, le emozioni vengono agite istintivamente senza passare per il pensiero 8) è possesso, tende alla fusione e alla simbiosi 9) si vive l’altro come oggetto d’investimento di piacere o come completamento di se stessi 10) si tende ad assomigliare all’immagine idealizzata che l’altro ha di noi 11) i due formano uno, quindi annullano una parte di se stessi 12) la sofferenza, la malattia, il disagio smorza il sentimento |
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venerdì 13 maggio 2011
Come nasce l'affettività
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