Il disturbo Borderline di Personalità è stato da lui esplorato partendo dalla disorganizzazione del sistema motivazionale dell’attaccamento sottolineando il ruolo centrale del deficit metacognitivo.
Le prime relazioni oggettuali dovrebbero permettere al bambino molto piccolo la comprensione degli stati mentali propri e altrui, per generare il processo di mentalizzazione. La mentalizzazione, intesa come la capacità di comprendere il comportamento interpersonale in termini di stati della mente, e’ una chiave fondamentale dell’ organizzazione del Sé e della regolazione affettiva e viene acquisita nelle prime relazioni di attaccamento. Grazie alle due componenti che la caratterizzano, quella autoriflessiva e quella interpersonale, essa fornisce la capacità di distinguere realtà esterna e realtà interna.
Nella prima infanzia ci sono due modalità di entrare in contatto con la realtà: 1)il bambino pensa che il mondo interno corrisponda alla realtà esterna (modalalità dell’equivalenza psichica), 2)quando gioca invece sa che l’esperienza interna può non riflettere la realtà esterna (modalità del far finta). Intorno ai 4 anni il bamb. integra queste due modalità per arrivare alla mentalizzazione, dove gli stati mentali vengono vissuti come rappresentazioni.
La mentalizzazione nasce dunque dalla riflessione del bambino sui suoi stati mentali e ciò può avvenire soltanto se al bambino viene data la possibilità di potersi rispecchiare nella figura di riferimento.
Il fallimento di questa funzione porta a una disperata ricerca di modalità alternative di contenere i pensieri e gli intensi sentimenti che essi generano. Paradossalmente, quando la ricerca di rispecchiamento e contenimento del bambino non ha avuto esiti positivi, la successiva spinta verso la separazione darà luogo solo a un movimento verso la fusione. Più l'individuo cerca di essere se stesso, più diventa simile al suo oggetto, perché questo è parte della struttura del Sé.
Ciò potrebbe spiegare le oscillazioni dei pazienti borderline, fra il desiderio di indipendenza e il terrificante desiderio di una vicinanza estrema e di un'unione fantasticata.
Su queste basi Fonagy ha elaborato una formulazione della teoria dell'attaccamento dei gravi stati narcisistici e di quelli borderline basata sui risultati epidemiologici che mostrano un'associazione tra una grave patologia della personalità e un'esperienza infantile di maltrattamenti e violenza sessuale. E' partito dall'ipotesi che i soggetti borderline siano quelli che hanno "affrontato" un'esperienza di violenza (sessuale) infantile rifiutando di concepire i contenuti della mente dei loro genitori e che in seguito hanno "evitato di pensare" che i loro genitori intendessero far loro del male.
Essi non avranno così la possibilità di sviluppare la capacità di rappresentare sentimenti e pensieri dentro se stessi e negli altri e saranno costretti a basarsi su impressioni schematiche di pensieri e sentimenti estremamente vulnerabili in tutte le relazioni intime. Il bambino abusato che evita il mondo mentale non acquisisce mai un metacontrollo adeguato sul mondo rappresentazionale dei modelli interni di elaborazione. Modelli insoddisfacenti di relazione emergono frequentemente: il mondo interno del bambino e quello dell'adulto vengono dominati da un affetto negativo. La sospettosità rinforza la strategia di evitamento della mentalizzazione, distorcendo pertanto ulteriormente il normale sviluppo di una funzione riflessiva. Preso in un circolo vizioso di angosce paranoidi e di esagerate manovre difensive, l'individuo diventa inestricabilmente invischiato in un mondo interno dominato da oggetti pericolosi, malvagi e soprattutto privi di pensiero.
Molti sintomi delle persone con disturbo borderline di personalità possono essere compresi in termini di strategie difensive che compromettono i processi di mentalizzazione e le capacità metacognitive:
- la loro incapacità a tener conto dell'attuale stato mentale dell'ascoltatore rende difficile seguire le loro associazioni.
- l'assenza di preoccupazione per gli altri che si manifesta con comportamenti crudeli e violenti nasce dall'incapacità di rappresentarsi la sofferenza nella mente degli altri. Non è pertanto presente un fondamentale elemento moderatore dell'aggressività. La mancanza di capacità riflessiva, unita a una visione del mondo come ostile, predispone al maltrattamento dei figli; questa inibizione può rappresentare una componente necessaria di qualsiasi forma di violenza contro le persone.
- il loro fragile senso del Sé può essere una conseguenza dell'incapacità di rappresentarsi i propri sentimenti, credenze e desideri con una chiarezza sufficiente a fornire un intimo senso di se stessi come entità mentali. Ciò genera in tali individui intollerabili paure di disintegrazione mentale e un senso del Sé disperatamente fragile.
- l'immagine mentale che tali pazienti hanno dell'oggetto rimane a un livello di dipendenza dal contesto immediato delle rappresentazioni primarie. Essi avranno bisogno della presenza concreta dell'oggetto e sperimenteranno profonde difficoltà nel momento in cui si troveranno a dover affrontare un cambiamento.
- essere in grado di pensare in termini di "come se" nel transfert richiede meta-rappresentazioni, ovvero la capacità di credere in qualcosa essendo consapevoli della sua non veridicità.
Alcuni link da visitare:
- Il nucleo del Disturbo Borderline di Personalità: un'ipotesi integrativa.
- Il Disturbo Borderline di Personalità: storia, criteri, teorie.
- Disturbi psichici gravi:struttura nevrotica - struttura ‘borderline’ - struttura psicotica.
Ti suggerisco alcuni articoli:
Fonagy P. & Target M. (2000). Playing with reality: III. The perspective of dual psychic reality in borderline patients. International Journal of Psychoanalysis, 81, 5: 853-873 (trad. it. in: Fonagy P. & Target M., Attaccamento e funzione riflessiva. Milano: Cortina, 2001).
Fonagy P. (1991). L'approccio evolutivo per la comprensione del transfert nel trattamento di pazienti con distubi borderline della personalità. In: Zabonati A., Migone P. & Maschietto G. (a cura di), La validazione scientifica delle psicoterapie psicoanalitiche. Mestre (VE): IPAR, 1993.
Fonagy P. (1995). Playing with reality: the development of psychic reality and its malfunction in borderline patients. Int. J. Psychoanal., 76: 39-44.
Fonagy P., Leigh T., Steele M., Steele H., Kennedy R., Mattoon G., Target M. & Gerber A. (1996). The relation of attachment status, psychiatric classification, and response to psychotherapy. Journal of Consulting and Clinical Psychology, 64, 22-31.
Fonagy P., Steele M., Moran G., Steele M. & Higgitt A.C. (1991). The capacity for understanding mental states: The reflective self in parent and child and its significance for security of attachment. Infant Mental Health Journal, 13, 200-216.
Fonagy P., Steele M., Steele H., Leigh T., Kennedy R., Mattoon G. & Target M. (1995). The predictive validity of Mary Main's Adult Attachment Interview: A psychoanalytic and developmental perspective on the transgenerational transmission of attachment and borderline states. In: Goldeberg S., Muir R. & Kerr J. (editors), Attachment Theory: Social, Developmental and Clinical Perspectives, Hillsdale, NJ: The Analytic Press, 1995, pp. 233-278.
Fonagy P. & Target M. (2000). Playing with reality: III. The perspective of dual psychic reality in borderline patients. International Journal of Psychoanalysis, 81, 5: 853-873 (trad. it. in: Fonagy P. & Target M., Attaccamento e funzione riflessiva. Milano: Cortina, 2001).
Per finire ti consiglio di leggere:
Attaccamento e funzione riflessiva
Autore: Fonagy P. & Target M.
Anno: 2001
Editore: Milano: Cortina
Prezzo di copertina: Euro 35,00
Presentazione:
nel panorama psicoanalitico, Fonagy rappresenta una figura di notevole complessità: egli si propone di coniugare l'eredità psicoanalitica con il cognitivismo, la teoria dell'attaccamento e la 'Infant Reasearch'. Attaccamento e funzione riflessiva raccoglie gli scritti più significativi di Peter Fonagy e Mary Target, responsabili del Dipartimento di ricerca dell'Anna Freud Centre di Londra. I curatori, Vittorio Lingiardi e Massimo Ammanniti, hanno organizzato i contributi degli autori in cinque parti. Nella prima si analizzano il rapporto tra teoria dell'attaccamento e teoria psicoanalitica e i benefici che entrambi i paradigmi possono ricavare da un dialogo più serrato. La seconda, la terza e la quarta parte delineano il punto di vista degli autori sullo sviluppo della realtà psichica, punto di vista articolato attraverso una prospettiva al tempo stesso teorica, clinica e di ricerca. L'ultima parte illustra il modello di trattamento analitico proposto, compresa una revisione degli obiettivi della terapia. E' evidente lo straordinario lavoro di sintesi tra approcci diversi operato dai due autori, risultato di anni ricerca empirica e riflessione teorica.
Nessun commento:
Posta un commento