venerdì 5 ottobre 2007

La pelle, organo di percezione, di relazione e di comunicazione

Nell’entrare in relazione con un essere umano, la struttura che notiamo primariamente è la superficie del suo corpo che risulta essere, nello stesso tempo, il suo legame con ciò che lo circonda.

Un medico, Mantegazza, definì la pelle come “il telegrafo per il mondo esterno e specchio per il mondo interno” (R. Bassi, 1977;3), in quanto ci permette di inviare al mondo esterno dei messaggi molto efficaci, senza la necessità di utilizzare vane parole e contemporaneamente su di essa trovano espressione privilegiata le manifestazioni del disagio psicosomatico.



Un primo aspetto psicologico della pelle riguarda il contatto cutaneo nelle prime relazioni oggettuali.

La cute ha un ruolo decisivo nel mantenimento dell’omeostasi dell’organismo; l’importanza della sensibilità cutanea per la sopravvivenza dell’individuo e della specie è ormai universalmente riconosciuta: si può vivere da ciechi, da sordi, privi dell’olfatto e del gusto, ma difficilmente si sopravviverà al deterioramento totale della pelle e quindi alla perdita della funzione tattile.



La tattilità è filogeneticamente ed ontogeneticamente il primo dei sensi (D. Anzieu, 1974; 1990; 5,6). Nell’embrione, infatti, il primo senso che si sviluppa è il tatto, esso diviene l’organo principale attraverso cui comunicare con il mondo circostante, la madre, durante i 9 mesi di gestazione. Durante il parto le stimolazioni principali che il neonato riceve sono cutanee; nell’entrare a far parte del mondo umano, dopo la nascita, attraverso la stimolazione tattile e l’allattamento materno, il corpo del nascituro entra in funzione.



A questo punto si può ben immaginare l’importanza del contatto a partire dalla relazione madre-bambino: il primo legame affettivo si costituisce proprio grazie alla soddisfazione del bisogno di contatto e di calore che il bambino sperimenta all’inizio della sua vita. Ciò è valido ovviamente non solo per il neonato, ma anche per i piccoli di altre razze animali, come hanno dimostrato le classiche ricerche di H.F. Harlow, et al.(1959) sulle scimmie Rehsus, riportate da L. Camaioni (1980; 7).



Da questo momento in poi il neonato acquisisce informazioni, apprende e comunica attraverso la pelle; solo se i messaggi tattili ricevuti saranno gratificanti, la crescita e lo sviluppo del nuovo nato proseguiranno in modo normale (G.L. White, R.C. La Barba, 1976; G.E. Evoniuke, C.M. Kuhn, S.M. Schanberg, 1979; M.D. Diamond, 1990; S.J. Weiss, 1990; H.J. Polan, M.J. Ward, 1994; questi studi sono stati riportati da C.S. Koblenzer, 1997; 8).

In linea con questo filone si esprime anche A. Montagu (4, 9) che mette in evidenza l’influenza prolungata delle stimolazioni tattili sullo sviluppo e sul funzionamento del nostro organismo; tali stimolazioni, soprattutto carezze e palpeggiamenti, aiutano fin dalla nascita lo svilupparsi di attività quali la respirazione, la vicinanza, le difese immunitarie, la socievolezza, il senso di sicurezza; gli scambi tattili risultano inoltre essenziali per un normale sviluppo sessuale (Anzieu,D., 1974; 1990; 5,6).



Di questa opinione sono anche gli altri Autori di stampo psicoanalitico, i quali hanno messo in primo piano il ruolo della pelle e delle prime esperienze infantili e cutanee, considerandole essenziali per uno sviluppo sano del bambino, sia dal punto di vista fisico che psichico.

Secondo M.S. Mahler (1975; 10) la pelle rappresenta un terreno fondamentale nel processo di evoluzione dello schema e dell’immagine del corpo.

È attraverso la pelle che il neonato riceve i primi messaggi di rassicurazione e di gratificazione, e le sensazioni risultanti dalle variazioni ambientali. È il primo organo di relazione attraverso il quale il neonato comincia a costruire il suo mondo iniziale passando dalla fase simbiotica a quella di separazione-individuazione, per poi passare alla strutturazione definitiva della personalità del soggetto.



E. Bick (1968; 11) ritiene che la pelle svolge un ruolo di collegamento tra le componenti della personalità del bambino, in quanto nella loro forma più primitiva non hanno ancora capacità coesiva e devono quindi essere contenute: ciò avviene solo grazie all’azione contenitrice della pelle che funziona come confine.

Solo quando questa funzione di contenimento verrà introiettata, grazie all’identificazione con essa, sarà possibile superare lo stadio precoce di non integrazione e costruire quindi uno spazio interno ed uno esterno.



Dalle parole di E.Bick: “Nello sviluppo infantile le parti della personalità, nella loro forma primitiva, sono percepite come prive di legami reciproci e bisognose di essere tenute insieme dall’azione contenitrice della pelle.

L’identificazione con tale funzione consentirebbe successivamente di sperimentare la fantasia di uno spazio “interno” e di uno “esterno”.

La funzione epidermica di contenimento permette di superare uno stadio precoce di non integrazione, di delimitare uno spazio interno rendendo possibile l’introiezione e cioè la costruzione di un oggetto interno.

In assenza di tale funzione il soggetto è in grado esclusivamente di operare identificazioni proiettive con conseguenti confusioni di identità”.



D. Anzieu (1974; 1990;5,6) considera le prime sensazioni cutanee essenziali per introdurre il bambino in un universo di esperienze nuove e complesse.

Ciò avviene fin dalle prime cure di cui il piccolo è oggetto; è, infatti, grazie a queste prime appaganti e rassicuranti esperienze di contatto tra il corpo del bambino e quello della madre che viene acquisita la percezione della pelle, necessaria a garantire l’integrità dell’involucro corporeo contro angosce di involucro perforato e quindi di svuotamento.



Anzieu ha introdotto il concetto di IO-PELLE, che può essere spiegato come una rappresentazione dell’Io del bambino utilizzata da questi nelle prime fasi del suo sviluppo. Grazie a questa rappresentazione il bambino riesce a vedere il proprio Io come capace di contenere materiale psichico, il tutto a partire dalla consapevolezza della propria superficie corporea, che gli fornisce la possibilità di differenziare lo spazio interno da quello esterno; il concetto di IO-PELLE ha il pregio di mettere in evidenza la funzione di contenimento della pelle.



L’IO-PELLE secondo Anzieu ha principalmente tre funzioni: “La pelle è il sacco che trattiene dentro di sé il buono e il pieno che l’allattamento, le cure, il “bagno” delle parole (“l’enveloppe sonore du soi”) vi hanno accumulato.

La pelle è la superficie che demarca il limite con l’esterno e lo mantiene “fuori”; è la barriera che protegge dall’avidità e dalle aggressioni altrui, siano esse da parte di esseri viventi od oggetti. La pelle infine, contemporaneamente alla bocca e come quella, è un luogo e un mezzo primario di scambio con gli altri”.



Lo psicoanalista O. Fenichel (1951; 12) ha scritto: “La pelle ha una funzione protettiva generale. Attutisce o allontana gli stimoli esterni. Allo scopo di proteggersi dagli stimoli interni quando sono disturbanti, l’organismo tende a trattarli come fossero esterni. Questa tendenza vale anche per gli impulsi repressi che cercano di scaricarsi.

La pelle è un’importante zona erogena. Se l’esigenza di usarla come tale viene repressa, le tendenze pro e contro le stimolazioni cutanee trovano la loro espressione somatica in alterazioni cutanee.

La eterogeneità della pelle non si limita a stimoli tattili: le sensazioni di temperatura sono la fonte di un piacere erogeno importante componente della sessualità infantile. L’erotismo della temperatura e quello orale appaiono strettamente uniti; dunque gli appoggi narcisistici reclamati con urgenza da persone oralmente fissate sono pensati non solo come cibo ma anche come calore. Allo stimolo del toccare e a quello connesso con la temperatura si aggiunge lo stimolo della sofferenza che può essere anch’esso un piacere cutaneo erogeno. La pelle è la parte esternamente visibile dell’organismo; è dunque il luogo dove si esprimono i conflitti dell’esibizionismo.

Gli equivalenti dell’angoscia, intesa come uno stato simpaticotonico, possono esprimersi attraverso reazioni della pelle”.



Con queste parole l’Autore ha messo in evidenza quattro caratteristiche della pelle:



• La pelle è uno strato di copertura che ha soprattutto una funzione generale di protezione; essa analizza gli stimoli in arrivo e li attenua se necessario ed applica le stesse misure protettive verso gli stimoli interni, trattandoli come se fossero esterni.



• La pelle è un’importante zona erogena; la sua qualità erogena non è limitata alla stimolazione tattile, ma anche alle sensazioni di temperatura e di dolore.



• La pelle è la superficie dell’organismo che è visibile, è il luogo dove i conflitti di esibizionismo si esprimono ed hanno luogo.



• Attraverso le reazioni della pelle l’ansia viene canalizzata.



Per A. Freud (1954; 13): “All’inizio della vita l’essere accarezzato, abbracciato, blandito rende sensibile le varie parti del corpo del bambino, lo aiuta a costruire un’immagine corporea ed un io corporeo sani, accresce la sua libido narcisistica e contemporaneamente promuove lo sviluppo dell’oggetto amore mediante il consolidamento del legame tra il bambino e la madre.

Non v’è dubbio che in questo periodo la superficie della pelle assolve, nel suo ruolo di zona erogena, una funzione molteplice nella crescita del bambino”.



Secondo un’immagine originale di M. Spira, riportata da W. Pasini (1984; 14), la pelle può essere considerata come una membrana porosa, non solo biologica, ma anche psicologica. La pelle è un’area privilegiata della comunicazione intima corpo-a-corpo che è alla base della comunicazione erotica; è un’espressione dell’immagine di sé e rappresenta come viene vista e vissuta dagli altri.

Ad esempio nella cultura occidentale la pelle deve essere, il più possibile, libera da imperfezioni, mentre in alcuni gruppi etnici le cicatrici ed i tatuaggi assumono un significato rituale o sociale. La pelle e le sue singole parti definiscono l’identità personale.



Un altro aspetto psicologico della pelle, degno di considerazione e precedentemente ricordato, è l’idea di pelle come confine e la sua funzione di barriera.

A tale proposito non si può non prendere in considerazione le ricerche presentate da S. Fisher ed S.E. Cleveland (1968; 15), che analizzando le risposte ad alcuni test proiettivi, come le macchie di Rorschach o di Holzmann, hanno individuato due nuove variabili: la Barriera e la Penetrazione.

La prima variabile è valutata in tutte le risposte che implicano una membrana, un guscio ed è una grandezza psicologica che esprime il grado di definitezza nella percezione dei confini del proprio corpo e la capacità di demarcazione del corpo dall’ambiente esterno (M. Milizia et al., 1988; 16).



La seconda variabile si riferisce invece alla percezione di un corpo che può essere leso e perforato facilmente.

Fisher e Cleveland, dopo aver somministrato il test di Rorschach ai pazienti psicosomatici, hanno stabilito che coloro che presentavano un sintomo localizzato sulla parete esterna del corpo immaginavano quest’ultimo ben delimitato; al contrario, coloro che presentavano una sintomatologia che interessava le viscere, percepivano il proprio corpo come facilmente penetrabile (D. Anzieu, 1974; 1990; 5,6).



Le più recenti ricerche pervenute non sono in totale accordo con questi risultati, in quanto hanno potuto constatare nei dermopatici un più basso livello di Barriera, nel senso indicato da Fisher e Cleveland, ed un più alto rifiuto del contatto fisico ed erotico.



Quando si parla del contatto fisico ed erotico, si fa riferimento all’ipotesi secondo la quale attorno al soggetto si delineano tre barriere psicologiche concentriche:



• La barriera dell’intimità fisico-erotica, che è quella più vicina al soggetto;

• La barriera spaziale;

• La barriera sociale.



Il soggetto può innalzare ognuna delle tre barriere rendendo più difficile il contatto a quel dato livello, e ciò fornisce una possibile spiegazione del fatto che nei dermopatici sia presente un più elevato rifiuto del contatto fisico: il basso livello di Barriera li rende più indifesi nei confronti delle sollecitazioni al contatto e quindi diviene necessaria una compensazione tramite un innalzamento di quella che è la barriera più vicina al soggetto. Se il paziente riuscisse ad acquisire dei confini più stabili, allora probabilmente avvertirebbe meno il timore del contatto interpersonale (M. Milizia et al., 1988; 16).



La pelle, inoltre, è considerata una zona erogena nella sua interezza e la sua stimolazione, quando non provoca dolore, dà piacere (R. Bassi, 1977; 3).

Un esempio significativo è dato dal prurito, una delle attività derivate più importanti, in cui è ben visibile il legame tra l’attività del grattarsi e l’emozione di piacere provata, un piacere filogeneticamente antico e comune a tutti i mammiferi.



La percezione tattile precoce contribuisce, infine, allo sviluppo di tre importanti funzioni emotive:

• Permette la strutturazione dell’immagine corporea.

• Favorisce la strutturazione dell’autostima.

• Infine, permette la modulazione adattiva dell’ansia, una funzione che in seguito si tradurrà nella modulazione delle emozioni (H. Hartmann, E. Kris, R.M. Lowestein, 1946; D.G. Brown, 1959; D. Pines, 1994; lavori citati da C.S. Koblenzer, 1997; 8]).



Queste tre funzioni interagiscono e contribuiscono alla formazione della personalità, della flessibilità del carattere e dello stile di coping.




Bibliografia


(1) Panconesi, E., “Dermatologia psicosomatica oggi”, In Panconesi, E., (1989), “Lo stress, le emozioni e la pelle”, Ed. Masson, Milano, pp.3-19.

(2) Panconesi, E., “Conclusioni provvisorie: la psicosomatica come strumento necessario”, In: Panconesi E., (1989), “Lo stress, le emozioni e la pelle”, Ed. Masson, Milano, pp. 149-152.

(3) Bassi, R., (1977), “Introduzione alla dermatologia psicosomatica”, Piccin Editore, Padova.

(4) Montagu, A., (1971), “Touching: the human significance of the skin”, New York, Columbia Univ Press.

(5) Anzieu, D., (1987), “L’Io-pelle”, Borla, Roma (ed. or.1974).

(6) Anzieu, D., (1992), “L’epidermide nomade e la pelle psichica”, Cortina, Milano (ed. or. 1990).

(7) Camaioni, L., (1980), “La prima infanzia”, Il Mulino, Bologna.

(8) Koblenzer, C.S., (1997), “Psychodermatology of women”, Clinics in Dermatology, 15, pp. 127-141.

(9) Montagu, A., “The skin, touch, and human development” , In: Panconsesi, E., (1984), “Stress and skin diseases: Psychosomatic Dermatology”, Lippincott, Philadelphia, pp. 17-26.

(10) Mahler, M.S., (1978), “La nascita psicologica del bambino”, Boringhieri, Torino (ed. or. 1975).

(11) Bick, E., (1968), “L’esperienza della pelle nelle prime relazioni oggettuali. L’osservazione diretta del bambino”, Boringhieri, Torino.

(12) Fenichel, O., (1951), “Trattato di psicoanalisi delle nevrosi e delle psicosi”, Astrolabio, Roma.

(13) Freud, A., (1954), “Psychoanalitic study of child”, 9, pag.322.

(14) Pasini, W., “Sexologic problems in Dermatology”, In: Panconesi, E., (1984), “Stress and skin diseases: Psychosomatic Dermatology”, Lippincott, Philadelphia, pp. 59-65.

(15) Fisher, S., Cleveland, S.E., (1968), “Body image and personality”, Dover Pubb., New York.

(16) Milizia, M., Bellanca, M., Taddei, E., Ruggieri, V., (1988), “Problematiche dello schema corporeo e del contatto in dermopatia”, Chronica Dermatologica, 2, pp.249-256.


Fonte: http://www.giornaletecnologico.it




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