di Silvia Vegetti Finzi
Il 20 marzo è morto Johannes Cremerius, uno dei maggiori psicoanalisti freudiani, un personaggio storico per contributi culturali e percorso di vita. La morte lo ha colto in Renania dove era nato, nel 1918, e da dove proveniva la sua famiglia, un luogo, come amava ricordare, in cui germanici e romani avevano vissuto in pace per secoli. E proprio italo-tedesca è stata, per vari motivi, la sua collocazione esistenziale, tanto da definire il nostro Paese "la sua seconda patria". Nel 1939 si era rifugiato presso il Collegio Ghislieri di Pavia per studiare medicina senza sottostare alle pesanti ingiunzioni della cultura nazista. Costretto a ritornare in Germania, fu inviato come medico al fronte orientale e, durante la ritirata, fu tra i pochi sopravvissuti a un naufragio nello stretto di Skagerrak. Nel frattempo la sua formazione medica si arricchiva di specializzazioni in psichiatria e medicina interna, di una formazione psicosomatica e di un training psicoanalitico. Nel 1950, invitato negli Stati Uniti, conobbe i maggiori psicoanalisti esuli dall'Europa per motivi politici e razziali, come Alexander, Kriss e Loewenstein, la Horney, Rado e la Deutsch. Al suo ritorno in Germania, la fondazione Rockefeller gli concesse i finanziamenti per l'apertura di un reparto Psicosomatico presso il policlinico di Monaco, ove svolse, tra l'altro, importanti ricerche sulla psicodinamica del diabete mellito. Ottenne poi una cattedra universitaria a Giessen e successivamente a Friburgo. In quegli anni gli psicoanalisti universitari erano fortemente impegnati, secondo gli ideali della Scuola di Francoforte, a promuovere, contro i residui di autoritarismo, lo spirito critico e le istanze democratiche.
Sarà su queste affinità che si realizzerà, nel 1966, il fecondo incontro, in Italia, con Gaetano Benedetti e Pier Francesco Galli, fondatore del Gruppo milanese per lo sviluppo della psicoterapia e della nota rivista Psicoterapia e Scienze Umane. Successivamente collaborerà con altri centri affini, ultimo dei quali la Scuola di psicoterapia psicoanalitica che pubblica la rivista Setting . Le numerose opere di Cremerius spaziano, sempre dal punto di vista della psicoanalisi, dalla storia alla sociologia, dalla teoria alla clinica, dall'educazione alla critica letteraria, dall'estetica alla formazione degli analisti. Recentemente intervistato da uno dei suoi più attenti biografi italiani, Marco Francesconi, Cremerius afferma che lo scopo della terapia non consiste nella guarigione intesa come adattamento alle esigenze sociali poiché "la via è lo scopo". E la via psicoanalitica comporta un'esperienza di "illuminazione" di sé e del mondo. Ma questo accade soltanto se la ricerca è condotta nel segno della libertà, al di fuori di regole burocratiche e condizionamenti istituzionali. Il paziente non è un malato ma un uomo impegnato in una difficile impresa esistenziale. Come tale non dev'essere modificato, ma compreso e accompagnato perché la vita è creazione, non adeguazione. "Io penso, dice ancora Cremerius, che possa essere riconosciuto come analista solo chi si sia addentrato nella filosofia freudiana, quindi nelle lotte per la libertà, contro l'antisemitismo e l'oppressione dei deboli, per i diritti dei bambini, per il rispetto delle donne e il riconoscimento del loro valore".
Il suo testamento spirituale si conclude con queste parole: "Vedete, sono un illuminista appassionato, anche se ho dovuto subire delle sconfitte". Ma, per noi, la sconfitta peggiore è la sua morte, l'impossibilità , d'ora in poi, di ascoltare una voce così nobile e forte. Tra i suoi libri principali: Educazione e psicoanalisi, Nevrosi e genialità, Il mestiere dell'analista , editi da Bollati Boringhieri; Psicosomatica clinica , Borla edizioni e Il futuro della psicoanalisi , Armando editore.
Bello sto blog!!!
RispondiEliminaMi sà che per leggere ogni post dovrò fare le stampe... :D
ciao
RispondiEliminaricontraccambio il link !