sabato 29 settembre 2007

L'aggressività


L'aggressività


L'aggressività è un istinto. Dal momento che è stato nominato, vediamo cosa si intende per istinto,prima di parlare dell.aggressivitàGli istinti sono componenti dell.inconscio, pulsioni primordiali che spingono gli individui ad agire. Primordiali indica che fanno parte degli esseri viventi fin dalla nascita. Essi spingono ad agire nelsenso del soddisfacimento immediato di un bisogno. Ad esempio il mantenersi in vita è un istinto e spinge gli esseri viventi a ricercare quelle condizioniaffinché si realizzi la sopravvivenza: spinge a nutrirsi, a ricercare il cibo quando si ha fame e a berequando si ha sete. L.aggressività, come detto poco sopra, fa parte degli istinti. Essa consente di difenderci, dipreservarci nel momento in cui avvertiamo il pericolo e rappresenta l.espressione delle tendenzeattive dell.uomo. Nel momento in cui un individuo si sente minacciato e non può fuggire, la pauraprende il sopravvento e l.aggressività, come difesa, si esprime attraverso l.ostilità, la violenza e ladistruzione di ciò che minaccia la nostra integrità. Si definisce aggressiva una persona che si pone verso l.altro con ostilità, che si impone consenso di. In generale qualsiasi persona (come quasi tutti gli animali) attaccata, minacciata di .

 


arroganza, urlando e utilizzando atteggiamenti violenti.


Comportamenti aggressivi fanno parte della natura umana e possono essere riconosciuti nel cattivo


carattere, nella meschinità, nell.invidia e nell.arroganza. Si tratta di comportamenti che spesso sono


causa d.infelicità nella persona e richiedono la spesa di molte energie nel tentativo di dominare e


attenuare gli effetti dannosi da essi prodotti.


Alcune forme di aggressività sono di fondamentale importanza per l.esistenza quotidiana. Nel


lavoro come nei piaceri è necessaria una certa dose di aggressività per soddisfare l.istinto di


conservazione.


Esistono fondamentalmente due tipi di aggressività:


- l.aggressività intesa come istinto alla conservazione è quella che spinge gli individui ad


imporre le proprie esigenze, ad agire per preservare il proprio benessere ed è rappresentata


dall.energia che si impiega nell.affrontare gli ostacoli;


- l.aggressività distruttiva è rappresentata dall.ostilità, dalla violenza. Essa nasce da un


sentimento di paura. L.aggressività come ostilità è presente in persone scontente,


insoddisfatte delle proprie condizioni di vita. Se c.è qualcosa che non possono ottenere, sia


un bene di prima necessità o semplicemente qualcosa di piacevole, viene attivato un


perdita.


un furto o di un danno, sviluppa una certa dose di aggressività.



Gli aspetti dell.aggressività


Sono due essenzialmente le strade che può seguire l.aggressività:


- palese ed esplicita e si esprime nel comportamento attraverso l.arroganza, l.irascibilità, latendenza alla lite e ad opprimere gli altri attraverso rimproveri o urla;


- mascherata, che non si nota, non si vede apparentemente, ma che può essere espressa daatteggiamenti del tutto opposti: calma eccessiva, comportamenti estremamente educati,eccessiva sottomissione all.autorità, eccessiva gentilezza ed educazione. Questa aggressivitàè repressa, bloccata nell.inconscio, nel senso che la persona non consente a questo istinto difare parte della propria concezione globale della vita e di sé. Questo perché l.aggressivitàscatena angoscia e viene avvertita come un pericolo. Per spiegare il concetto di aggressività inconscia occorre sottolineare che in tutti gli esseri viventiesistono istinti aggressivi, ma in genere è molto difficile accettarne l.esistenza: si tende a svalutarli, minimizzarli, senza tener conto della loro importanza. Non li osserviamo direttamente, ma li teniamo al margine del nostro campo visivo e non permettiamo che entrino a far parte della nostraconcezione globale della vita. Mantenendoli un po. confusi essi non appaiono vividi, reali, vitali equindi non ci spaventano come se li vedessimo chiaramente.Perché allora, l.aggressività è un istinto che ci crea tanti problemi, pur avendo degli aspetticonservativi, volti cioè a mantenere la nostra sopravvivenza?La spiegazione o una delle spiegazioni è da ricercare nell.educazione, nell.ambiente in cui si è cresciuti, nelle regole e nei principi morali che vengono trasmessi attraverso l.educazione, a cominciare dal rapporto madre/bambino.



L'aggressività nel bambino


Come già accennato precedentemente, il compito dell.inconscio è quello di preservare il benessere el.equilibrio della struttura psichica e per fare questo tende ad eliminare ogni elemento che creadisturbo.Tale equilibrio si sviluppa in noi fin dalla tenera età: da piccoli siamo più a contatto con l.inconscio in quanto dobbiamo ancora apprendere le norme comportamentali e le sovrastrutture necessarie per convivere con gli altri, affrontare la vita quotidiana, essere inseriti nella società e nel lavoro. Il bambino cerca di ottenere immediatamente ciò che desidera per raggiungere il proprio benessere e il maggior piacere possibile ed è guidato dal suo inconscio molto di più rispetto all.adulto. La persona adulta è .adattata. alla società cioè ha imparato a controllare la propria aggressività edaderire ad un insieme di regole, norme sociali e leggi a cui siamo sottoposti. Nel bambino il compito di incanalare l.aggressività è dato in prima istanza dai genitori. L.aggressività è un istintoche il bambino sperimenta già molto precocemente nel rapporto con la madre, ad esempio quando isuoi bisogni di succhiare il latte dal seno materno vengono frustrati. La frustrazione è legata al fattoche la madre non sempre è pronta a soddisfare il bisogno del bambino. Il bambino lasciato in predaal desiderio di attaccarsi al seno, avverte un forte disagio e frustrazione che sperimenta comeaggressività verso la madre.L.aggressività del bambino legata al desiderio di volere tutto e subito, trova opposizione da partedei genitori che cercano di incanalarla ed educarla adattandola ai principi sociali, morali e culturali.Nel bambino si scatena un.opposizione al modellamento imposto dai genitori, perché egli tendecomunque a voler raggiungere il soddisfacimento del proprio istinto. rimangono dentro di noi e ci accompagnano per tutta la vita. Cosa accade allora? La risposta si può rappresentare con un esempio. E. la situazione in cui in una famiglia nasce unfratello. Il bambino, che per un certo numero di anni è cresciuto da solo e su cui si sono riversate leattenzioni e l.amore dei genitori, vede ora le loro cure rivolte più all.ultimo nato. Ciò che il fratellomaggiore percepisce è di essere deprivato dell.amore e dell.attenzione che i genitori gli rivolgevanoprima in modo totalitario. Questa situazione scatena nel primogenito degli istinti aggressivi verso ilfratello minore. La sua aggressività va nel senso della eliminazione del fratellino al fine di avere di nuovo tutte le attenzioni e l.amore per sé. Il desiderio aggressivo di eliminare il fratello si scontraperò con la morale. Che strada prenderanno allora gli istinti aggressivi? C.è la possibilità che il fratello maggiore dia libero sfogo a ciò che sente e allora sarà ostile ed odierà il fratellino. Oppure la sua aggressività, scontrandosi con le regole dettate dai genitori, darà vita ad un senso di colpa per cui essa verrà camuffata e si trasformerà in atteggiamenti totalmente opposti ed eccessivi: un.esagerata gentilezza verso il fratello, una grande paura che gli capiti sempre qualcosa (in realtà è la sua aggressività inconscia volta ad eliminarlo che vorrebbe che gli capitasse qualcosa). Il fratello maggiore avrà degli atteggiamenti di iperprotezione e cura verso il fratello minore. Comportarsi diversamente, cioè in modo oppositivo nei confronti dei genitori, significa perdere l.amore dei genitori stessi. Per evitare che si creino conflitti interiori che vadano a minare quell.equilibrio psichico, senza il quale viene meno il benessere, gli istinti aggressivi vengono messi da parte, vengono cioè  prossimi paragrafi. Queste prime esperienze rimossi.


Nel paragrafo precedente abbiamo visto che l.aggressività può prendere diverse strade: può manifestarsi in modo esplicito oppure, scontrandosi con le regole e la morale tramadatateci con l.educazione, può dare vita a un senso di colpa per il quale essa verrà camuffata in atteggiamenti che apparentemente non farebbero pensare alla presenza di questo istinto. Nel meccanismo per cui l.aggressività viene tramutata in atteggiamenti opposti, come eccessiva gentilezza e compiacenza, come detto sopra, ha un ruolo fondamentale.  Il sentimento di colpa si esprime in molti modi e anche in questo caso, come per l.aggressività, può essere cosciente oppure inconscio. Il senso di colpa cosciente è espresso da frasi del tipo:  mi sento in colpa. sento in colpa per averlo ferito ..Il senso di colpa inconscio si esprime invece attraverso vari comportamenti, vissuti e sentimenti come ad esempio avere in ogni occasione la sensazione di essere scorretto, di non essere all.altezza della situazione, di essere respinto. Quando esiste un sentimento di colpa inconscio la persona vive in funzione dell.opinione altrui, ha spesso paura di essere criticata e biasimata e cercherà di fare di tutto per essere perdonato ed accettato. in altri casi la sensazione d.inferiorità determinata dal senso di colpa inconscio fa sì che la persona, proprio per arginare il senso d.insicurezza e timidezza, assuma comportamenti rigidi, stereotipati oppure molto educati ed accondiscendenti, soprattutto verso i superiori. Da dove nasce il senso di colpa? ll senso di colpa nasce nel momento in cui avviene un conflitto tra l.inconscio e la morale, intendendo come morale tutti i principi, le regole e le norme che vengono trasmesse attraverso l.educazione. L.inconscio ha la funzione di mantenere l.equilibrio e il benessere della struttura psichica. A tale scopo sviluppa desideri ed impulsi che possono contrastare con l.educazione, la morale e le regole che ci hanno insegnato. Da tale conflitto nasce il sentimento di colpa, molto spesso inconscio. Nell.esempio del ragazzo cui nasce un fratello, il sentimento di colpa si sviluppa nel momento in cui, invece di dimostrare la sua rabbia, diventa eccessivamente gentile e iperprotettivo. Il sentimento di colpa inconscio nasce dal conflitto tra istinti aggressivi verso il fratello e la morale cosciente che invece spinge il ragazzo a porsi verso il fratello con estrema amorevolezza ed attenzione. La paura che sta dietro a tutto ciò è di perdere l.amore dei genitori. Un altro esempio è il caso di Silvia, 38 anni che si rivolge ad uno psichiatra per un problema di depressione. Lo psichiatra le consiglia d.iniziare una psicoterapia. Negli incontri Silvia porta tutto il suo disagio: è triste, malinconica, ha spesso voglia di piangere, non ha amici, né un fidanzato. Fa la commessa, ma da circa un anno ha perso interesse per il suo lavoro. Si alza alla mattina e sente su di sé tutto il peso della giornata. Silvia commenta così:  arrivasse domani così la farei finita con tutta questa tristezza ... . poi arriva la sera e mi prende una tristezza infinita. Vorrei non  Silvia vive con il padre di 68 anni. La madre è morta otto anni addietro e circa un anno dopo ilpadre ha un ictus. Da allora Silvia gli dedica tutto il suo tempo libero. Il padre, in passato, era stato molto possessivo e rigido nei suoi confronti:  e se uscivo, mi faceva ritornare a casa prima di tutti gli altri amici .Quando ho avuto il primo ragazzo, a 18 anni, non ne parliamo: lo ha scoperto e mi ha contrastato a tal punto che ho preferito chiudere l.amicizia ...  ragazzo. Il padre diventava tanto più iroso quanto più la figlia dimostrava qualsiasi cenno di indipendenza. Era invece affettuoso ed amorevole se lei gli stava vicino e gli ubbidiva. Silvia afferma di avere deciso di seguire il padre per dovere morale:  stato male ha problemi a camminare. E. solo, mia madre è morta. Da solo come farebbe? Io non riesco a pensarlo da solo, non riuscirei a farmi la mia vita e pensare a lui che, poveretto, soffre la solitudine ed inoltre non potrei allontanarmi . lui mi vuole accanto a sé . mi ha sempre voluta vicino... . Quando ero adolescente non voleva che io uscissiSilvia si sentiva in colpa ogni volta che pensava di uscire con un. . Poverino, da quando è  Nel corso di otto mesi di terapia Silvia riesce ad esprimere la sua aggressività verso il padre rivisitando la sua gioventù:  lui; quando morirà io rimarrò sola perché per lui non ho dedicato tempo a costruirmi una famiglia e delle amicizie . lo odio ... . è stato un grande egoista . io ho sacrificato tutta la mia vita per Silvia dentro di sé nutriva molta rabbia nei confronti del padre, ma proprio questa aggressività, ha creato in lei un senso di colpa insostenibile. Unica soluzione per conservare un equilibrio della sua dimensione psichica è stato di rendere inconscia l.aggressività ed assumere un atteggiamento opposto, cioè di soccorso, amore e cura per il padre.


La rimozione


Nei paragrafi precedenti si è parlato di istinti aggressivi inconsci. Come fanno questi istinti a diventare inconsci e a rimanere tali? Ciò avviene attraverso un meccanismo chiamato  che ha la funzione di rimuovere contenuti non accettati dalla coscienza e renderli inconsci. La rimozione è un meccanismo di difesa rispetto a contenuti o istinti, come l.aggressività, che entrano in conflitto con la nostra coscienza e che determinerebbero una frattura dell.equilibrio psichico della persona. E.un processo inconsapevole, mediante il quale vengono chiuse le vie che conducono alla coscienza, a contenuti incompatibili con essa. Il fine è quello di ricacciarli da dove sono venuti, cioè dall.inconscio. La rimozione è un meccanismo di  l.equilibrio della personalità e il benessere interiore che andrebbero persi se gli istinti emergessero nella nostra coscienza. Si tratta di una difesa che deriva dalla continua ed automatica tendenza normativa dell.Io. L.Io è la parte organizzata della nostra personalità e il suo compito è quello di svolgere da intermediario tra gli impulsi che arrivano dall.inconscio che non conoscono tabù, interdizioni, permessi e le esigenze della realtà che ci circonda e il Super-Io. Esso è costituito dai principi morali e dalle regole che sono stati trasmessi dai genitori attraverso l.educazione. E. un compito piuttosto arduo in quanto gli impulsi che derivano dall.inconscio, per loro natura, spingono verso un soddisfacimento immediato. L.Io mette in atto dei compromessi tra l.inconscio e la realtà, affinché il primo venga parzialmente soddisfatto nel rispetto delle regole e norme appartenenti alla realtà e al Super-Io. Riporto un esempio clinico per spiegare meglio questi meccanismi. Roberto ha 38 anni, è un ingegnere elettronico e lavora nel settore della programmazione. Inizia un percorso di psicoterapia per un disturbo da attacchi di panico comparso circa due anni prima, in concomitanza dell.acquisto di un alloggio dove va a vivere da solo, dopo aver vissuto per anni conla madre. Anche nel settore lavorativo, nello stesso momento, si verifica un cambiamento: viene promosso ad un ruolo di maggiore responsabilità. Roberto si presenta come una persona molto trattenuta: non parla mai di emozioni o sentimenti, appare molto controllato e tende a cercare sempre una motivazione razionale e concreta a ciò che capita. Non ricorda i sogni. La sua giornata è occupata prevalentemente dal lavoro che lo impegna anche Sabato e Domenica. E. stato molto rigoroso nello studio, affrontando gli esami con uno stato d.ansia che si presentava già alcuni giorni prima della prova. Anche nel periodo universitario le sue relazioni sociali erano ridotte e non conserva un buon ricordo di quel periodo. Ha un senso del dovere fortissimo, tende a volere raggiungere sempre il massimo, vuole la stima degli altri dimostrando la sua perfezione e il suo rigore nel lavoro. Quando riesce ad ottenere un buon risultato, il suo ideale di perfezione lo spinge a dovere ricercare un altro compito più arduo da risolvere, non riuscendo a godere del risultato raggiunto. Vive con grande frustrazione i propri errori in campo lavorativo che comunque sono davvero pochi, visto il suo ipercontrollo e la tendenza alla perfezione. Durante le sedute cerca di controllare molto le sue emozioni, i suoi racconti sono privi di tonalità emotive, non descrive mai .come si sente.. I genitori gli hanno trasmesso un forte senso del dovere. Il padre, morto circa dodici anni fa, è sempre stato un uomo severo. Roberto è cresciuto in un ambiente dove non ha mai potuto .lasciarsi andare., mostrare la sua emotività, il suo entusiasmo, perché considerati dal padre manifestazioni.femminili.. Roberto, per conservare l.amore e la stima del padre, è costretto a non esprimere la sua emotività e le sue sensazioni. In questo modo viene quindi rimossa la parte dei sentimenti e delle emozioni mentre si è sviluppata in modo eccessivo la parte razionale. La vita di Roberto è tutta espressione disentimento di colpa. Vediamo meglio di cosa i tratta.. . mi sono comportato così, ma ora mi, . . durante quella lite con mio padre gliene ho dette di tutti i colori e ora mi.


questa parte: ha scelto un percorso di studi fortemente razionale, non ha spazio per coltivare le


sensazioni e i sentimenti (non ha una ragazza e ha pochi amici). La sua emotività però emerge in


modo esplosivo e angosciante attraverso i sintomi, gli attacchi di panico.


Attraverso il percorso di psicoterapia, sta cercando di lasciare spazio alle sue parti emotive. Dopo


un anno di terapia i sintomi sono regrediti e Roberto comincia a nominare, se pur con difficoltà, le


emozioni e le sensazioni che prova.


rimozione,difesa perché difende

L.angoscia


L.angoscia è una reazione emotiva di terrore che si manifesta con l.imminenza di un pericolo e si


produce dinnanzi al pericolo fattosi improvvisamente attuale.


L.angoscia consente di individuare dunque l.esistenza di un pericolo e per tale motivo ha una


funzione biologicamente utile in quanto, essendo un campanello d.allarme, consente di poterlo


affrontare.


Occorre però fare una distinzione tra angoscia reale e angoscia nevrotica.


La prima è quella che emerge di fronte ad un pericolo reale e consente l.attivazione di tutti quei


meccanismi biologici ed emotivi che sono necessari per difendersi attraverso la fuga o l.attacco.


La seconda,


Le manifestazioni dell.angoscia nevrotica si possono raggruppare essenzialmente in tre modalità


espressive:


-


collegati ad alcun oggetto in particolare, ma sono pronti a rivolgersi a qualsiasi oggetto e


trovare in quello una giustificazione d.essere. Questi stati d.angoscia sono dolorosi, penosi


intollerabili per chi li prova e si manifestano sia a livello fisico che psichico. Fisicamente si


possono provare spasmi viscerali digestivi, vampate di caldo e freddo, sudorazione


eccessiva, difficoltà a respirare regolarmente a causa di una sensazione di costrizione alla


gola o al petto, tachicardia, irrigidimento muscolare. A livello psichico si può vivere la


sensazione di impazzire, avere la sensazione di fallire in tutto, di non avere speranza nel


futuro.


-


luoghi o situazioni oggettivamente privi di pericolo;


-


improvvisamente e violentemente senza nessuna causa apparente e reale.


L.angoscia raramente è situata in superficie e bisogna ricercare l.origine nel profondo della


personalità, cioè nell.inconscio mentre la persona avverte solo la presenza della sintomatologia. Tali


sintomi sono coscienti mentre l.angoscia di base, di cui essi sono l.espressione, è inconscia e la


persona non ha la minima sensazione di essere angosciata.


Le soluzioni più frequenti che si adottano contro l.angoscia sono:


- fare qualsiasi cosa per evitare che si manifesti: lavorare molto, uscire spesso, bere, fare uso


di sostanze stupefacenti, avere una vita piena di impegni o prendere tranquillanti;


-


attività altruistiche;


- iniziare un percorso di psicoterapia per capire quali siano le fonti da cui l.angoscia prende


origine.


L.angoscia compare in seguito alla percezione di un pericolo. In genere il pericolo è determinato


dalla vita istintuale, che nel momento in cui tende ad emergere, spesso si scontra con le norme, le


regole, la morale e l.educazione. Tale scontro determina un senso di colpa che dà origine


all.angoscia. Per fare fronte all.angoscia si mettono in moto meccanismi di difesa come ad esempio


la rimozione, allo scopo di rendere inconscio l.istinto ed assumere comportamenti che danno


sicurezza.


Il modo in cui aggressività, angoscia e colpa sono collegate si può vedere nell.esempio riportato


della nascita di un altro bambino in una famiglia in cui è già presente un altro figlio.


I genitori rivolgeranno più cure al nuovo nato e, il primogenito, che fino ad allora ha avuto per sé


tutto l.amore e le cure dei genitori, si sente deprivato a causa del fratello. Il senso di benessere e


l.equilibrio che fino ad allora aveva vissuto vengono meno. Il suo inconscio cerca di ristabilire


l.equilibro interiore e la modalità più diretta è quella di eliminare la causa che ha determinato la


rottura del benessere.


Succede che:


- il ragazzo prova degli istinti aggressivi inconsci, ma leggermente avvertibili per il fratello


(prova dei sentimenti di odio, desidera allontanarlo, eliminarlo);


- si genera angoscia dovuta al fatto che gli impulsi aggressivi inconsci tendono ad emergere,


ma si scontrano con le regole dettate dai genitori;


- si genera un senso di colpa dal conflitto tra istinti aggressivi che provengono dall.inconscio


e la morale;


- per risolvere questo conflitto ed eliminare l.angoscia che da esso si genera, si mette in atto la


rimozione che spinge l.aggressività da dove è emersa e cioè nell.inconscio.


Tale meccanismo determina un comportamento opposto all.istinto inconscio: il ragazzo potrà


dimostrarsi particolarmente gentile e affettuoso e sviluppare un.iperprotezione verso il fratello.


l.angoscia nevrotica, si manifesta invece in assenza di un pericolo reale.le nevrosi d.angoscia in cui esistono stati d.angoscia permanenti e fluttuanti che non sonol.angoscia che si produce nelle fobie emerge nei confronti di animali del tutto inoffensivi,attacchi isolati d.angoscia (per esempio i disturbi da attacchi di panico), che si manifestanosublimare l.angoscia, trasformarla cioè in azioni positive quali ad esempio dedicarsi ad

Aggressività, angoscia e colpa nel rapporto psicoterapeutico


Aggressività, angoscia e colpa emergono anche nella relazione psicoterapeutica, luogo in cui si crea


una riedizione delle modalità di relazionarsi con le figure genitoriali e con gli altri.


All.inizio di una psicoterapia è difficile parlare di sé e delle proprie esperienze con una persona in


fin dei conti sconosciuta: lo psicoterapeuta.


Pensare di mettersi a nudo, parlare della propria sofferenza e delle proprie difficoltà con un estraneo


può essere fonte di angoscia.


Come può anche esserlo pensare di affrontare argomenti penosi o temere l.affiorare di ricordi o


vissuti traumatici o ancora considerare aspetti di sé che non si accettano o di cui si ha un.idea


negativa.


Abbiamo detto che nel rapporto psicoterapeutico, si ha una riedizione nel presente dei rapporti


primari. Una persona che ha avuto un.educazione molto rigida per cui .non poteva lasciarsi andare.


e si sentiva amato dai genitori solo nel momento in cui era perfetto, controllato, riporterà anche nel


rapporto psicoterapeutico questi vissuti e cercherà di essere compiacente. Un paziente .modello.,


controllato, proverà l.angoscia di essere rifiutato nel momento in cui sentirà affiorare emozioni che


potrebbero ridurre il suo controllo.


L.angoscia emerge assieme alle resistenze e questo avviene quando ci si avvicina ai meccanismi


che determinano il malessere o quando vengono messi in luce aspetti indesiderati della propria


personalità.


L.aggressività può emergere anche nel momento in cui ci si avvicina a vissuti che il paziente non


vorrebbe affrontare.


Essa può diventare una resistenza alla terapia stessa ed esprimersi non in modo diretto ma


camuffato.


Nel concreto si possono verificare lunghi silenzi, ritardi rispetto all.orario della seduta, sedute


saltate, atteggiamenti di svalutazione rispetto al terapeuta e all.utilità della terapia.


Si può vedere come l.aggressività emerga in modo camuffato nel corso di una psicoterapia, nel caso


che esporrò qui di seguito.


Anna è una donna di 40 anni che ha iniziato il percorso di psicoterapia da circa un anno. Mi viene


inviata da uno psichiatra a cui si è rivolta spontaneamente a causa di un disturbo d.ansia che


lamenta di avere dall.età di 20 anni. Anna si è rivolta gia in passato ad altri specialisti come


psichiatri e psicoterapeuti, ma non ha mai risolto il suo problema.


Il disturbo di cui soffre si esprime attraverso vari sintomi: tachicardia, forti vertigini che la


costringono a stare a letto, paura del buio e fobia dello sporco.


La fobia dello sporco, la porta a temere di essere infettata da qualsiasi cosa tocchi al di fuori della


propria casa. Stringere la mano ad una persona, significa lavarsi più volte e spendere anche ore a


lavarsi e non essere mai sicura di essere pulita. Per questo motivo Anna ha ridotto ampiamente le


relazioni sociali e spesso si assenta dal lavoro.


La paziente cresce in una famiglia conflittuale, sperimenta la violenza legata alle liti dei genitori tra


un padre autoritario e una madre ambivalente anche nei suoi confronti. Attualmente vive con la


madre settantenne da cui è molto dipendente, il padre è morto dieci anni fa.


La prima volta che vedo Anna mi comunica che non ce la fa più a vivere così e vorrebbe liberarsi di


questa fobia che le


non essere compresa e di essere giudicata, come è accaduto frequentemente nella sua storia


familiare. I suoi racconti anche i più traumatici, sono privi di tono emotivo, ha difficoltà a esprimere


ciò che prova. Spesso, anche se non vengono nominate, le sue emozioni mi giungono in modo


molto diretto e così mi capita di provare angoscia, commozione e tristezza.


Nel corso delle sedute Anna da un lato afferma:


nessuno..


in modo camuffato.


Riporto alcuni stralci di sedute:


.rende la vita impossibile. . Mostra molto imbarazzo a parlare di sé, teme di. qui posso raccontare cose che non ho mai detto a, dall.altro invece sento che la sua aggressività emerge e si rivolge conto di me anche se

15° seduta


Anna arriva molto raffreddata e con qualche linea di febbre. Le faccio notare che avrà fatto un


grande sforzo per venire in seduta. Lei mi risponde:


volevo saltare la seduta.spero di non attaccarle l.influenza e di spargerle tutti i microbi per la


stanza, apra le finestre dopo...


non emergono emozioni. Mi fa molti apprezzamenti su come sono vestita, in realtà la mia


sensazione è che ci sia molta aggressività nei suoi complimenti. Sul finire della seduta, emergono


ricordi di situazioni traumatiche relative ai sui genitori.


Nel momento in cui ci salutiamo afferma:


debba stare a casa per l.influenza...


Con questa frase Anna mi esprime tutta la sua aggressività rispetto al sentirsi dipendente dalla


relazione psicoterapeutica. Non riuscire a saltare la seduta malgrado l.influenza e dover dipendere


da una relazione per stare meglio è causa di rabbia. Si riproduce nel rapporto terapeutico con me ciò


che vive nel rapporto con sua madre: ha bisogno di lei a causa delle sue fobie, ma nello stesso


tempo questo bisogno la imprigiona in una relazione di forte dipendenza.


La differenza fra piano reale e piano psicoterapeutico sta nel fatto che, attraverso la relazione


terapeutica, si mette in moto un processo per cui è possibile passare da uno stato di dipendenza al


tentativo di individuarsi e divenire indipendente


:..oggi sto meglio ieri stavo malissimo, nonPer gran parte della seduta Anna rimane su un piano concreto,.Spero che la prossima settimana lei ci sia e che non.

20° seduta:


La settimana precedente, Anna disdice l.incontro che avevamo spostato. Quando la paziente arriva


per la seduta, si scusa per avere disdetto la volta scorsa, solo il giorno prima, portando come


giustificazione il fatto che si erano rotti dei tubi nel bagno e che quindi aveva dovuto chiamare il


tecnico che sarebbe venuto il mattino in cui avremmo avuto la seduta. In realtà Anna aveva preso


accordi con l.idraulico in modo tale da finire i lavori in tempo per essere presente all.incontro con


me, ma malgrado questo la mamma le aveva chiesto di disdire comunque la seduta perché non


voleva rimanere da sola con l.idraulico nell.eventualità che il disguido si fosse prolungato. In


seduta la paziente afferma:


madre perché i lavori si sono prolungati!


qui inutilmente vero?.


continua affermando:


vederla proprio il giorno di festa in cui lei non c.era. Quel giorno avevo proprio bisogno di


parlarle, ma lei non c.era..


.mi scusi dottoressa se ho disdetto, ma meno male che ho ascoltato mia.Spero che l.abbiano avvisata in tempo.non è venutaLa rassicuro sul fatto che la comunicazione mi è arrivata in tempo. Anna..menomale. così ha dormito di più.poi in realtà avevo bisogno di

Ho riportato alcuni passaggi di questa seduta in quanto si può notare come l.aggressività possa


essere espressa in modo mascherato: Anna ha problema di dipendenza dalla madre, che non ha mai


aiutato la figlia ad emanciparsi, ma ha sempre cercato di tenerla accanto a sé, vivendola come unico


scopo della propria vita dal momento che la sua vita coniugale è sempre stata molto conflittuale e


frustrante. Anna si è trovata spesso ad oscillare tra il prendere le parti della madre e altre volte del


padre e ogni volta in cui prendeva le parti dell.uno si sentiva in colpa per essersi schierata contro


l.altro. Da quando il padre è morto il legame con la madre è diventato ancora più forte. Questo


legame ora sta diventando troppo soffocante. Mentre da un lato Anna ha difficoltà ad immaginare la


sua vita senza sua madre, dall.altro afferma di essere stufa di non avere amici, una relazione


sentimentale, di passare tutte le festività con sua madre di cui si sente


la badante.

Aderire al setting e nel caso specifico venire in seduta in un giorno diverso dal solito, stabilito non


da lei ma da me, suscita in Anna vissuti di dipendenza. La paziente tollera con difficoltà questi


vissuti in quanto sono quelli che vive nella relazione con sua madre in cui si sente imprigionata e


da cui vorrebbe emanciparsi, ma di cui non riesce fare a meno. Sentirsi dipendente dalla relazione


terapeutica suscita in Anna aggressività


seduta. Anna ha difficoltà ad accettare i propri aspetti aggressivi e infatti afferma


l.abbiano avvisata così non è venuta fino qui inutilmente...


. Questa aggressività si esprime proprio nel saltare la.spero che

Probabilmente quello che avrebbe desiderato comunicare a parole, poteva essere una frase del tipo:


.Perché devo venire un giorno in cui dice lei, considerando che nel momento in cui avevo bisogno,


lei non c.era?..... Anna ha invece .agito. la sua aggressività saltando la seduta.


Come detto precedentemente, l.aggressività può emergere quando, attraverso il rapporto


psicoterapeutico emergono contenuti, vissuti o aspetti di sé che la persona ha difficoltà ad accettare


e considerare come parte integrante della sua personalità.


A tal proposito, nella stessa seduta, la paziente mi racconta un sogno fatto la sera precedente, ( è il


primo sogno che mi porta in seduta).


Anna sogna una grande inondazione, lei è in casa ed affacciandosi alla finestra vede l.acqua salire e


teme che lei e la sua casa vengano travolte.di colpo l.acqua scompare.


Dopo avermi raccontato il sogno le chiedo quali emozioni associa al sogno, lei risponde:



.Mi sono svegliata agitata e affannata, è stato un brutto sogno..


Le chiedo cosa le faccia venire in mente, mi risponde che


parlare del giorno in cui lei non c.era e io avevo bisogno di parlarle.posso saltare da un


argomento all.altro?..


.E. un brutto presagio.però vorrei

Parlare dei propri sogni significa portare al terapeuta aspetti molto intimi di sé, in quanto attraverso


i sogni si esprime il nostro inconscio. Lavorare con il terapeuta sul sogno, attraverso le libere


associazioni, consente alla persona di venire a contato con aspetti inconsci di sé e ciò può


spaventare, considerando che la persona può venire a contato con vissuti, emozioni, parti di sé che


.non gli piacciono. e che, proprio per questo motivo vengono spostati fuori dalla coscienza. Nel


caso di Anna l.emozione negativa l.avvisa che quel sogno ha dei contenuti angoscianti, per cui la


paziente evita di parlarne e salta ad un altro argomento mostrando aggressività verso di me che in


qualche modo le ho chiesto di dirle cosa le faceva venire in mente, portandola quindi a riflettere su


qualcosa per lei doloroso. L.aggressività viene espressa nella frase riportata sopra in modo


camuffato e che detta in altre parole probabilmente risuonava così: .Invece di farmi soffermare su


un sogno che mi crea angoscia, parliamo di quando io avevo bisogno di parlare con lei e lei non


c.era...


Il


paziente esprimeva aggressività


miei confronti è stata espressa ogni volta in cui ci avvicinavamo ad argomenti e situazioni che per


Anna erano fonte di angoscia.


Un altro punto da considerare, come si è visto nei paragrafi precedenti, consiste nel fatto che gli


istinti aggressivi inconsci possono causare un sentimento di colpa nel momento in cui emergono ed


entrano in conflitto con la morale cosciente. Ciò si verifica anche nel rapporto psicoterapeutico nel


momento in cui la persona prova aggressività verso il terapeuta. Da essa deriva un senso di colpa


che porterà la persona ad avere comportamenti opposti all.aggressività come ad esempio estrema


compiacenza, complimenti frequenti al terapeuta o preoccupazione eccessiva per la sua salute.


Il sentimento di colpa inconscio può anche manifestarsi attraverso la resistenza alla guarigione.


Un esempio è fornito da alcune affermazioni di un paziente affetto da depressione in terapia


farmacologica e psicoterapia da circa due anni presso un servizio pubblico.


Franco è un uomo di 42 anni, impiegato, che soffre di depressione da circa cinque anni, attribuisce


l.inizio della depressione alla morte del padre per un tumore. Dalle sedute emerge che Franco è


sempre stato un ragazzo dal temperamento pacato, chiuso e riferisce di aver portato dentro di sé un


senso di malinconia profonda. Il padre viene descritto come un uomo severo e burbero, che ha


impartito un. educazione rigida al figlio, da cui pretendeva buon rendimento scolastico e successo


nella carriera. Franco racconta che spesso da piccolo avrebbe desiderato un rapporto più intimo con


il padre, fatto di momenti trascorsi insieme a lui a giocare, a fare la lotta, a parlare, ma il padre:


.


padre senza esprimere emozioni sempre con lo stesso tono di voce, poi nel corso delle sedute inizia


ad emergere una certa rabbia per il fatto che il padre non avesse avuto mai tempo per lui e che si


interessasse al lui solo per assicurarsi del suo rendimento scolastico. La rabbia però lascia


immediatamente spazio alla giustificazione


poveretto, e voleva che io arrivassi ad avere una buona posizione economica migliore della sua.


La rabbia di Franco viene immediatamente smorzata dal senso di colpa. Dentro di sé Franco nutre


un grosso rancore verso il padre, che non lo ha mai gratificato affettivamente e che inoltre è sempre


stato autoritario e duro anche con la madre. In realtà ha nutrito e nutre ancora un grande amore per


suo padre, l.odio per lui nasce dal fatto di non essere riuscito ad averlo accanto a sé come avrebbe


desiderato. Ha dentro di sé un grosso senso di colpa che nasce da un aggressività inconscia verso di


lui. Questi vissuti sfociano in un disturbo depressivo con la morte del padre.


Con il tempo Franco sta elaborando queste dinamiche ma il senso di colpa agisce in modo molto


pregnante nella sua vita e anche sulla terapia. Infatti, in un periodo in cui si sente meglio dice:


controtransfert è lo strumento che mi ha aiutato ad individuare i momenti, gli argomenti dove la. Riflettendo sull.andamento del nostro percorso, l.aggressività neinon era tagliato per queste cose, lui era un grande lavoratore.. Inizialmente Franco parla del: .mio padre si comportava così perché lavorava molto.

..avevo l.impressione di stare meglio nei giorni scorsi.è un.assurdità.se continuo così mi


libero del mio malessere e allora provo la sensazione di potermi sentire ancora più in colpa.è


come se qualcosa dentro di me mi dicesse che non posso vivere senza quel malessere, senza quello


non riuscirò ad emanciparmi. .


.Stare meglio. si presenta come qualcosa di pauroso: Franco ha l.impressione che il suo disturbo lo


preservi da immaginari pericoli. Razionalmente tutto questo non ha una spiegazione. I suoi stati


d.animo possono invece essere interpretati come manifestazioni di un attaccamento ad uno stato di


sofferenza (la depressione) che rende molto dolorose le sue condizioni di vita, come se quelle



 



 Da:www.depressione-ansia.it


 


NARCISISMO PRIMARIO E GRUPPO

In un freddo giorno d'inverno,i membri di un 

branco di porcospini si ammucchiarono per 

trasmettersi calore e non morire di freddo.

Però molto presto sentirono le spine degli altri

E furono costretti a distanziarsi. Quando il bisogno

Di riscaladarsi li spinse a riavvicinarsi, riaccadde 

La stessa cosa, e così si viderò sballottati tra queste

Due disgrazie, fino a quando riuscirono a trovare 

La giusta distanza che permise loro di stare al meglio"

Schopenhauer, 1851


Come arrivare a dimostrare che un insieme di sconosciuti possa giungere ad essere definito ciò che, a partire da quel dato momento sarà chiamato "gruppo"e, sarà visto da essi stessi e da chiunque si trovi ad osservarlo, come un'unità: un'unità nella misura in cui esso aspira a "comportarsi" come tale e nella misura in cui sembra si adoperi per farlo.





1- ANTECEDENTI



Nel suo "Psicologia delle masse e analisi dell'Io", sviluppando in maniera unita le due istanze che sono enunciate nel titolo, Freud da il via alla spiegazione di ciò che in Psicoanalisi è stato sempre considerato un vero e proprio nodo problematico: la relazione conflittuale tra il gruppo ed il narcisismo individuale, tipica di ogni essere umano "continuamente sballottato e trascinato tra queste due disgrazie".

Freud sostiene che il gruppo può esistere in quanto tale, grazie alla idealizzazione di un intermediario: una persona o un pensiero rivestito di un ruolo e posto ad un livello gerarchico differente rispetto a quello in cui si trovano gli altri membri del gruppo i quali, grazie allo stato di comunione, creatosi conseguentemente al processo di idealizzazione, possono identificarsi l'uno nell'altro. Si occupa quindi, partendo da questo presupposto, delle relazioni all'interno delle quali vengono mantenuti i meccanismi di identificazione e di idealizzazione, nei quali è contenuta la "risoluzione"di quello che è il conflitto Io/gruppo, altrimenti irrisolvibile.

In un primo momento Freud considera identificazione ed idealizzazione come meccanismi opposti, da un punto di vista dell'arricchimento e dell'impoverimento dell'Io, per quanto concerne il flusso della libido.

Nell'identificazione l'Io, abbandonato l'oggetto investito, ha come destinatario l'Io; nell'idealizzazione invece, abbandona l'Io per sovrastimare l'oggetto, a spese dell'investimento narcisistico.

Senza dubbio, dice Freud, tale opposizione è in realtà un espediente.

I due meccanismi possono infatti coesistere, sempre che sia possibile distinguerli, dice, a seconda "che l'oggetto si ponga al posto dell'Io o dell'ideale dell'Io". In questo caso, l'oggetto perduto che rappresenta la condizione dell'identificazione, potrà senza dubbio essere conservato nell'idealizzazione, in quanto oggetto idealizzato.

Si può così vedere come, ciò che risultava un conflitto tra investimenti dell'Io e di qualcosa che era a lui esterno, l'oggetto, diventa un conflitto tra istanze psichiche. Questa "soluzione", con la quale Freud enuncia dei concetti che lo porteranno a a formulare la sua seconda topica, indica lìarea di interesse privilegiato dei suoi studi: non tanto la specificità del gruppo come oggetto, ma più che altro l'analisi dell'Io.

Quando W. R. Bion (1948) intraprende le sue ricerche, ha delle posizioni molto differenti da quelle di Freud: il suo oggetto di analisi è il gruppo -vuole comprendere il gruppo-, e si interroga sulle modalità di comportamento di una "aggregazione"di persone " come se si fossero messe d'accordo". Propone quindi che alcune delle forme inconsce di ciascuno siano riposte unanimemente, anonimamente ed involontariamente in un contenitore che chiama "mentalità di gruppo". La "mentalità di gruppo" entra in conflitto con "l'individuo" ed arriva così a produrre una forma di compromesso, la "cultura di gruppo". A questo punto va sottolineato che questa forma fantasmatica -costituita dagli assunti di base, derivazioni di una fantasia di una scena primaria molto primitiva- risulterebbe allora, per la sua capacità di amministrare le relazioni tra l'individuale discriminato ed il collettivo indiscriminato, una forma intermediaria.

L'aver posto l'accento su tematiche differenti, l'uno (Freud) maggiormente sull'oggetto e l'altro (Bion) sull'oggetto gruppo, ha portato a non poche conseguenze. Partendo da un'ottica che possiamo definire"gruppale", Bion contribuisce alla comprensione del gruppo con idee decisive. Da un lato oltre a definire l'unità di gruppo come una fantasia, spiega il costituirsi della realtà psichica del gruppo in base all'azione di formazioni molto specifiche, che non potrebbero produrre gli stessi effetti al di fuori della realtà materiale del gruppo. Per arrivare al nocciolo, quanto detto serve per poter considerare la leadership come un fenomeno di produzione gruppale.

Nonostante tutto ed aldilà delle differenze, tanto Freud quanto Bion riscontrano nel nodo della relazione individuo/gruppo un conflitto, il cui superamento necessita della presenza o la creazione di un intermediario.

Didier Anzieu (1978), che riprende nei propri lavori l'idea di Bion circa la fantasia come mediatrice di questa relazione individuo/gruppo, sviluppa la valida ipotesi di un'analogia tra gruppo e sogno, analizzando le connessioni tra gruppo ed Io, dal punto di vista delle forme di regressione che entrambe le situazioni -tanto il gruppo quanto il sogno- suscitano. Egli sviluppa il concetto di regressione in riferimento al narcisismo primario e secondario, maggiormente, come appare nel testo (cit. pag. 83), dell'ultimo. Ed è sicuramente per questa ragione che non trova ostacoli nell'indicare che il gruppo è contemporaneamente una minaccia primaria per ciascun Io che vuole vedersi come l'unità indipendente che pretende di essere arrivato ad essere, ed inoltre che gli esseri umani entrano nel gruppo nello stesso modo in cui quando si addormentano entrano nel sogno

La prima affermazione indica evidentemente il conflitto, che dire però della seconda? Quando sperimentiamo o percepiamo l'inquietudine che il costituirsi di un nuovo gruppo produce, non possiamo non affermare che l'entrare in un sogno, generalmente non ci turba in ugual misura: noi desideriamo dormire e desideriamo sognare, anzi, è proprio quando questo non accade che ci sentiamo disturbati. Quindi,pur riconoscendo il notevole apporto dato dall'acuta formulazione delle sue analogie,ci deve sicuramente essere una sostanziale differenza tra "entrare in un gruppo" ed "entrare in un sogno".





2-LA PRIMA FORMA DI NARCISISMO



Riguardo al conflitto Io/gruppo, appare realmente difficile considerare questa relazione come non conflittuale se solo si tiene in conto il narcisismo che investe l'Io come oggetto. Se però si va un passo indietro nello sviluppo evolutivo e ci si sofferma agli esordi della vita mentale, evidentemente gruppo ed Io non possono scontrarsi fintanto che non facciano parte di un'unica realtà psichica.

Partendo dalle indicazioni di Freud (1914) riguardo all'origine del narcisismo nel bambino considerato un'eredità ed una perpetrazione del narcisismo dei genitori, idea che Piera Aulagnier (1975) formalizzerà nel suo concetto di contratto narcisistico, risulta chiaro che la prima forma di narcisismo è connotata dalla condivisione, nel sentimento di reciprocità, però allo stesso tempo in quello di indifferenziazione, supposto che l'investimento, congiunto, tanto della madre (o dei genitori) quanto del bambino, deriva dalla continuità, da questa unità madre-bambino dalla quale solo in seguito nasceranno l'Io e l'oggetto.



La creazione-scoperta dell'Io. Il non-Io



Si colloca esattamente dentro quella entità primitiva nella quale troverà posto il nuovo atto psichico dal quale si costituisce l'Io come differenziazione, come una nuova unità. Ed è solo allora che il narcisismo potrà consolidarsi come "individuale".

Il narcisismo individuale è pertanto secondario al primo, quello cioè che investe l'unità madre-figlio, ed in esso mette le sue radici, premesso che il nuovo atto psichico, grazie al quale l'Io diviene oggetto è dato da una creazione-scoperta che deve necessariamente nascere da qualcos'altro: nasce dal proprio corpo e dalla propria psiche e dal corpo e dalla psiche materna, del gruppo e della cultura.

L'Io è un oggetto scoperto, perché è stato anticipato e reso possibile nella mente degli altri, come dire che esisteva già in uno spazio psichico precedentemente alla sua scoperta "spazio nel quale l'Io può nascere". Tuttavia questa anticipazione non è sufficiente a garantirne il divenire, perché, giunto il momento, dovrà essere creato, proprio da un nuovo atto psichico. L'anticipazione è solamente -e tuttavia niente meno che- un dispositivo significativo.

Tuttavia l'essere significativo necessita di un'appropriazione, un lavoro psichico di riappropriazione, per proprio conto, di ciò che sta lì per essere preso.

Che l'Io trovi le sue radici nel narcisismo primario significa che nella sua costituzione intervengono i tre elementi che R. Kaës (1984) ha identificato in questo meccanismo. Tra ciò che funziona come base e ciò che vi si appoggia esiste una relazione complessa. In primo luogo, un appoggio: in un punto preciso, il puntale e ciò che vi si appunta, formano un corpo, nel senso che, in questo determinato punto, non possiamo distinguere l'uno dall'altro (il corporeo dallo psichico, per esempio). In un secondo momento, ciò che è appuntato si modella sopra ciò che funziona da puntale (come, per esempio, quando si sceglie come base d'appoggio un oggetto che prende come modello l'oggetto materno). In un terzo momento, tra il puntale e ciò che vi si appunta comincia a verificarsi un separazione, che appare proprio lì dove il puntale è assente. E' proprio in questo punto di separazione tra puntale ed oggetto appuntato, che determina il luogo di assenza del puntale, che dovrà verificarsi, benché nessuno lo possa garantire, un passaggio di trasformazione, una trascrizione creativa di ciò che risulta appunto, qualcosa di nuovo. E' proprio l'assenza del puntale la condizione ideale al fine di permettere, non di garantire però, questo passaggio da un livello ad un altro, o da un oggetto ad un altro. E' in questo momento ed in questo atto che il puntale, che fino ad ora è stato l'oggetto, diviene un non-oggetto, come a dire, diviene lo sfondo del nuovo oggetto creato.

Pertanto, la costituzione dell'oggetto-Io, per puntellamento, indica che il narcisismo individuale, secondario, che lo investe, aldilà di essersi appoggiato nel e modellato su quello primario, ha in parte dovuto "perderlo" per, in sua assenza, costruire l'Io, più precisamente l'oggetto, la cui creazione deriva dal lavoro e dalla elaborazione della perdita di quella unità indifferenziata. Da parte sua, quest'ultima struttura, che ha funzionato come punto d'appoggio, passerà nello stato di non-oggetto, in questo caso, non-Io.

Da questo punto di vista, la gruppalità narcisista primaria, metaforicamente ricostruita nell'Io, è il suo negativo.





Narcisismo e puntellamento



Secondo questa prospettiva, risulta evidente che la relazione tra narcisismo e puntellamento non può essere definito unicamente di tipo oppositivo, come potrebbe sembrare a prima vista in base alla distinzione che propone Freud, relativa alle due modalità della scelta dell'oggetto.

L'opposizione tra narcisismo e puntellamento potrebbe essere meglio descritta come una tensione fra tendenze. La tendenza propria della dimensione narcisista, come tendenza alla conservazione della modalità e degli oggetti di soddisfazione già conseguiti, con il rifiuto della perdita, della assenza e della proibizione. La tendenza propria del puntellamento, come disposizione a riconoscere che qualcosa manca ed a rimpiazzarla attraverso una moltiplicazione delle modalità e degli oggetti in grado di produrre soddisfazione in sua vece-con il conseguente lavoro, che consiste nella lotta per l'unico.

Senza dubbio, dal punto di vista secondo il quale il motivo ultimo di tutto il lavoro di destrutturazione e di costruzione è la aspirazione alla perpetuazione e l'ampliamento dell'unità, le due tendenze sono complementari: tutta la creazione ha qualcosa di , qualcosa che riguarda l'estensione e l'affermazione dell'Io. In ultima istanza, è questa ricerca narcisista di recupero di ciò sarebbe stato e potrebbe tornare ad essere un tutto, ciò che funziona come motore ed incentivo per il lavoro psichico. E' proprio questa ricerca che stimola il lavoro di elaborazione della perdita, sapendo che questa elaborazione si manifesta in una nuova identificazione o nella creazione-incontro di un nuovo oggettod'amore. 









3- NARCISICMO PRIMARIO E GRUPPO





Ebbene, cosa significa per l'Io una regressione al narcisismo primario? 

Per quanto esposto prima, il predominio che, in qualunque caso, può acquisire il narcisismo primario rispetto all'Io e che per tanto non presuppone all'Io come atto ma come una potenzialità, come un'anticipazione nella mente di un altro, significa per lui una posta in gioco. Significa porre in gioco il credere nell'Io come unità autonoma sin dall'inizio e per tanto di un acquisizione su quella che sarebbe la sua capacità di autogestirsi.

L'Io si pensa come qualcosa "che non deve nulla a nessuno". Questo equivale ad esprimere che, oltre che essere, come l'individuo, "per se stesso il proprio fine", è pure, citando Freud "per se stesso la propria origine": è proprio la sua costruzione transizionale e da tale punto di vista pretende, per essere, il rispetto del paradosso fra il suo essere e la sua origine.

Se riproponiamo adesso la definizione di Freud di massa primaria, come lui la chiama, perché "non ha potuto acquisire in seguito, per un eccesso di organizzazione le proprietà di un individuo" (1921, pag. 109), vediamo che a questo livello non esiste nessuna difficoltà affinché operino contemporaneamente identificazione e idealizzazione.

A questo livello, nel narcisismo primario, avviene ciò che nello stesso testo Freud descrive come identificazione primaria,inscindibile dalla prima investititura di oggetto e, per tanto, dalla idealizzazione. Lì, sia le investiture di oggetto -identificatoria ed idealizzante- quanto i suoi destinatari -l'Io e l'oggetto- sono convergenti e coincidenti.

Di conseguenza, per iniziare il processo di differenziazione sarà necessario che si verifichi prima l'esperienza della separazione e quella del desiderio, in seguito all'unità primaria. Questo è, in ogni caso, solo l'inzio di questo processo che porterà in seguito alla ricostruzione dell'Io come oggetto.

Diciamo allora che, l'angoscia sofferta dall'Io nell'impatto del primo incontro con altri che vogliono formare un gruppo corrispondono allo sfaldamento del narcisismo secondario, per l'attualizzazione del narcisismo primario. Questa gruppalità primaria che precede l'Io non necessariamente lo presuppone, a meno che non avvenga nella mente di un altro la cui rappresentazione psichica dipenderà dall'Io per arrivare ad essere. Ciò che talvolta caratterizza meglio questa situazione è, più che l'angoscia l'abbattimento.

Per questo esiste una differenza cruciale fra "entrare in un gruppo" ed "entrare in un sogno": nel sogno, rispetto all'Io , si ha lo stesso impatto che si ha nell'incontro con altri per formare un gruppo, perché, nel sogno l'Io non rischia la propria esistenza, perché sogna oggetti interni che, siano essi tranquillizzanti o terrorizzanti, sono insiti in lui.

Nel sogno individuale l'Io è, per se stesso, il proprio presupposto; l'Io può lì "realizzare" il suo desiderio e la più primordiale delle sue aspirazioni: essere contemporaneamente gruppo e possederlo, che equivale ad ottenere simultaneamente unità e separazione. Salvo diversa patologia, la gruppalità primaria si mantiene nel sogno, come un fondo stabile che non sarà messo in discussione e, nel quale, è possibile lo svolgimento della rappresentazione del contenuto manifesto.

Il progetto di gruppo, invece, include l'Io immediatamente e, anche se provvisoriamente, in un modo massivo, in quello che no solo non è lui - distinzione possibile solo dal narcisismo secondario-, ma che è lì dove lui non è e dove potrebbe, talvolta, non essere. Per esprimerlo in un'altra forma: l'incontro con la gruppalità primaria non è per l'Io un incontro con l'opposto ma un immersione nella disgregazione. La sensazione corrispondente si può manifestare con il silenzio che si instaura quando, durante un discorso, si dà spazio alle domande del pubblico.

Dal suo canto, il dispositivo analitico di gruppo, e specialmente di gruppo psicoanalitico di riflessione, dove l'ambiguità del compito è maggiore che, per esempio, in un gruppo terapeutico, si presta in modo particolare a mettere in evidenza lìattualizzazione di questa formazione primaria e quindi della sua analisi. In questi momenti, presedenti all'organizzazione, che farà - per ognuno- dell'insieme un gruppo, questo sconcerto dell'Io si manifesta molto drammaticamente. L'abbattimento stesso è espresso dal silenzio.

Come tentativi di recupero nascono le identificazioni d'urgenza, che ha descritto Andrè Missenard (1982) e che possono manifestarsi, per esempio, nella proposta di presentazioni individuali o altre domande/offerte di referenze identificatorie. Contemporaneamente nascono quelle che chiameremo confini d'urgenza che corrispondono ai tentativi di determinare i margini del raggruppamento. Frequentemente questi confini si cercano nelle richieste di chiarimenti delle regole, della consegna del lavoro, nella richiesta di dibattiti, nell'analisi di redifinizione positiva del compito che unisce il gruppo, nella richiesta di concettualizzazioni teoriche della psicoanalisi, ecc.

E' interessante evidenziare come le risorse frapposte in urgenza, per precisare i confini, quelli dell'Io e quelli del gruppo -mentre si sostengono reciprocamente- molte volte in questi primi momenti difficilmente diversificabili fra loro: mentre si domandano/offrono relazioni demarcatorie dei confini dell'insieme, implicano la richiesta di tratti in quel momento individualizzanti. Per esempio domande come: "Manca qualcuno?", "Chiudiamo la porta?" riconducono necessariamente ad altre come: "Chi siamo?", "Perché ci siamo riuniti?","Su richiesta di chi ci siamo riuniti?".

Nei gruppi già formati invece può accadere che i confini d'urgenza appaiano differenziati meglio delle identificazioni d'urgenza. Per esempio, quando si verifica una crisi all'interno del gruppo per l'allontanamento di qualche membro significativo o di vari membri contemporaneamente o in un lasso di tempo troppo breve per una prudente o cauta elaborazione della perdita, l'urgenza delimitante sembra predominare su quella identificatoria. Quando si verificano nuove ammissioni generalmente l'urgenza delimitante appare controllata dall'urgenza identificatoria, soprattutto sotto forma di affidamento al "nuovo" o ai "nuovi" dell' angoscia della non assegnazione.





L'anticipazione nella mente dell'altro



Così, l'inizio del processo di organizzazione coincide con il processo di riorganizzazione dell'Io. Il gruppo è stato offerto da un'istituzione, un analista/i che pertanto hanno anticipato la sua esistenza e, ognuno dei partecipanti è stato ammesso, intervenendo con qualsiasi mezzo, per farvi parte. A partire da questa anticipazione, questa rappresentazione "nella mente di un altro" che presuppone il desiderio dell'altro di "formare un gruppo", si sono riuniti adesso e qui quegli Io che realizzano a loro volta il proprio desiderio e quel desiderio originario. Pertanto coloro che sono (colui che è) il "gruppo", coloro che formano (colui che forma) e che sono riusciti (omni) potentemente a riunirlo, sono le domande le cui diverse risposte forzeranno le procedure di passaggio fra le unioni e le separazioni, le fusioni e le discriminazioni che, se "tutto va bene", genereranno il gruppo come oggetto comune, intermediario, di passaggio.





Dal "sentimento oceanico" all'illusione gruppale 



La definizione bioniana del gruppo come un "insieme di individui nel medesimo stato di regressione" risulta apparentemente respinta dalla posteriore affermazione di René Kaës (1993) circa la singolarità della regressione di ogni Io impegnato in un gruppo. Dobbiamo allora considerare contradditori entrambe le domande o, come siamo inclini a pensare, l'una e l'altra si riferiscono a diversi livelli di analisi?

Considerando il livello in cui si gioca la più primitiva formazione psichica, quella che, cronologicamente e strutturalmente, precede la differenziazione tanto dell'Io come di ogni oggetto, incluso il gruppo come oggetto, vale a dire la competenza della proposta di Bion, dato che, riferendoci al primo narcisismo, la regressione sarebbe identica in tutti i soggetti rispetto all'attivazione della gruppalità primaria. 

Sebbene paragoniamo questo stato al sentimento oceanico pensiamo che forse sarebbe meglio descriverlo come illusione oceanica, nella misura in cui l'espressione che l'accompagna non è universalmente uniforme: è diversa in ogni singolo soggetto nell'ambito della polarità piacere-dispiacere. Nell'intergioco fra queste espressioni e le risposte singolari che suscitano, compaiono le forze ed i mezzi capaci di produrre i primi movimenti tendenti all'organizzazione del gruppo. Pertanto la necessità e la possibilità di questa organizzazione contribuisce alle differenze di potenziale affettive d ideative, proprie di ogni soggettività e che sono suscitate dentro e dall'incontro di varie persone. E' in questo senso che non possiamo parlare di una regressione che sia uguale per tutti gli individui.

Ma cos'è il "gruppo" in questi primi momenti per ognuno? Il "gruppo" è ciò che l'Io ha perso per essere e che non rinuncerà mai a cercare di recuperare: è il uso punto di riferimento primario e costante che, paradossalmente, è indispensabile per essere.

Così, creare un gruppo, formare un gruppo è, innanzitutto, per ogni Io, essere un gruppo, far coincidere i confini dell'Io e del gruppo, senza interstizi, senza distanze.

Anche se nella realizzazione immaginaria di questa aspirazione si riconoscono nei diversi raggruppamenti diversi cambiamenti, esiste un fenomeno molto singolare che Didier Anzieu (op. cit.) ha descritto come "stato psichico particolare" che si esprime spontaneamente i frasi come: "stiamo bene insieme" , "formiamo un buon gruppo" e che ha chiamato illusione grippale, la cui modalità di funzionamento è analoga a quella dell'Io ideale.

L'espressione euforica che caratterizza questo fenomeno segnala un trionfo: l'illusione che l'Io e il gruppo coincidano e senza conflitti: essere allo stesso tempo uno e più di uno in funzione della supposta confluenza dei desideri che sono "unanimi" e non più volti al singolo. Ogni Io -ma non solo, non come nel sogno ma, adesso, insieme ad "altri"-, è, senza conflitti, un gruppo, perché vari Io, "unificati" per questo, coincidono nei loro confini con il gruppo che hanno autocreato. E, precisamente, si tratta delle condizioni dell'illusione gruppale: da un lato un'alleanza crea la sospensione delle distanze e la differenza che potrebbero impedire la l'unificazione; dall'altro lato è quest'alleanza che genera il gruppo come proprio. L'euforia celebra la creazione dell'oggetto (narcisista) gruppo, che porta con sé il distacco di quest'oggetto creato rispetto alla mente che lo ha anticipato; mette in evidenza la distruzione di un nuovo atto psichico creatore di tale oggetto, a favore di un'appropriazione che lo trasforma. 





Il collettivo, il conflitto e l'oggetto



La gruppalità primaria costituisce quella parte del collettivo che viene data. La sua attualizzazione con un altro-i può o non può essere tollerata, e se lo è, lo è in modo differente per ogni Io implicato in esso. La singolarità di ogni Io, che può essere indicata in primo luogo dalla presenza o assenza di questa tolleranza, si manifesta in seguito e soprattutto grazie alle risorse con le quali ogni Io affronta questo stato indifferenziato che, come dicevamo prima, non lo suppone, a meno che non sia solo potenzialmente e come anticipazione nella mente di un altro.

Così, nel suo spetto generico, il conflitto Io/gruppo può sorgere solo nel conflitto narcisismo primario/narcisismo secondario, perché è in questo passaggio dove talvolta l'Io si incontra-inventa al prezzo di dover incontrare-inventare successivamente, ogni volta, ciò che lo unisce e lo separa, vale a dire l'intermediario.

Da: funzionegamma.edu

Amore e narcisismo. I contributi di M. Balint e H. Kohut











Non solo l'amore - come afferma Zanuso nella presentazione di Capacità d'amare - ma anche il narcisismo dunque pare ormai paragonabile ad " uno strano augello, nessun lo può dimesticar" come si canta nella Carmen di Bizet. Ma se la parola amore nasce con l'uomo e ha da sempre manifestato il suo carattere fondamentalmente inaccessibile alla logica e alla ragione, il termine narcisismo non può pretendere di essere posto sullo stesso piano. E' stato coniato circa un secolo fa, nell'ambito della ricerca psicologica e al semplice e preciso scopo di definire alcuni fenomeni, sostanzialmente patologici. Si è poi trasformato, con Freud, nella definizione di vari fenomeni psichici anche molto diversi tra di loro.


Ad ogni modo, qualunque sia la particolare sfumatura o prospettiva che si voglia privilegiare nel definire e connotare le condizioni di vita originarie, ciò che oggi non è più sostenibile è l'idea della libido totalmente concentrata sul soggetto e del beato isolamento. Gran parte degli psicoanalisti contemporanei, infatti, sono ormai certamente pronti ad accogliere e a condividere l'invito lanciato negli anni trenta da Michael Balint: Secondo me è giunto per noi analisti il tempo di prendere coscienza -insieme coi biologi- della fine del mito dell'ameba.Uno stretto legame tra eros e narcisismo ci viene anche confermato dalle diverse interpretazioni - in termini di complessi narcisistici - delle necessità seduttive del Don Giovanni: la conferma di valore del proprio Sé gli è offerta dalle numerose donne che, senza ricevere nessun affetto reale in cambio, gli si donano totalmente.


Il parallelismo di questo aspetto con l'idea di amore primario e della non considerazione dell'Altro può essere illustrato indirettamente anche dalla seguente osservazione di Stendhal: Don Giovanni abiura tutti i doveri che lo legano al resto degli uomini. Nel grande mercato della vita, egli è un negoziante in malafede che prende sempre e non paga mai. Il pensiero dell'eguaglianza gli ispira la rabbia che l'acqua dà all'idrofobo.


Cercando ora di sintetizzare - e rinviando ad un prossimo lavoro l'approfondimento della questione - potremmo individuare i tre ambiti psicologici che vengono continuamente sovrappposti nel dibattito sul narcisismo:


a) l'assenza di confini corrispondente alla dimensioni più estatiche e beate dell'eros: innamoramento, orgasmo, creatività (narcisismo primario).


b) quei processi di separazione psicologica e di costituzione della propria identità che conseguono agli inevitabili fallimenti della realtà nel soddisfare le aspettative fusionali del soggetto (narcisismo sano).


c) la profonda sofferenza psichica determinata dall'impossibilità radicale di venire a patti con la realtà, dalla necessità di rinchiudersi in forme relazionali fortemente distorte (narcisismo patologico).E' difficile che un solo termine possa sostenere il peso di rappresentare l'insieme di tutti questi fenomeni psichici. Credo che riservare il concetto di narcisismo soltanto al terzo degli ambiti indicati, potrebbe consentire una notevole chiarificazione delle controversie teoriche.Il parallelismo di questo aspetto con l'idea di amore primario e della non considerazione dell'Altro può essere illustrato indirettamente anche dalla seguente osservazione di Stendhal: Don Giovanni abiura tutti i doveri che lo legano al resto degli uomini. Nel grande mercato della vita, egli è un negoziante in malafede che prende sempre e non paga mai. Il pensiero dell'eguaglianza gli ispira la rabbia che l'acqua dà all'idrofobo.Cercando ora di sintetizzare - e rinviando ad un prossimo lavoro l'approfondimento della questione - potremmo individuare i tre ambiti psicologici che vengono continuamente sovrappposti nel dibattito sul narcisismo:a) l'assenza di confini corrispondente alla dimensioni più estatiche e beate dell'eros: innamoramento, orgasmo, creatività (narcisismo primario).b) quei processi di separazione psicologica e di costituzione della propria identità che conseguono agli inevitabili fallimenti della realtà nel soddisfare le aspettative fusionali del soggetto (narcisismo sano).c) la profonda sofferenza psichica determinata dall'impossibilità radicale di venire a patti con la realtà, dalla necessità di rinchiudersi in forme relazionali fortemente distorte (narcisismo patologico).E' difficile che un solo termine possa sostenere il peso di rappresentare l'insieme di tutti questi fenomeni psichici. Credo che riservare il concetto di narcisismo soltanto al terzo degli ambiti indicati, potrebbe consentire una notevole chiarificazione delle controversie teoriche.Augusto Aquilanti



   


Inquadramento nosografico del narcisismo

Disturbi di Personalità


I dieci Disturbi di Personalità (che insieme al Ritardo Mentale costituiscono l’Asse II) contemplati dal DSM-IV-TR vengono suddivisi, in base ad analogie descrittive, in tre cluster:



  • cluster A: strani o eccentrici; (Disturbi di Personalità Paranoide, Schizoide e Schizotipica).

  • cluster B: amplificativi, emotivi, instabili; (Disturbi di Personalità Antisociale, Borderline, Istrionico e Narcisistico).

  • cluster C: ansiosi o paurosi; (Disturbo di Personalità Evitante, Dipendente e Ossessivo-Compulsivo).


I criteri diagnostici per i Disturbi di Personalità previsti dal DSM possono essere così riassunti:



  • Criterio A: Un modello abituale di esperienza interiore e di comportamento che devia marcatamente rispetto alle aspettative della cultura dell’individuo. Questo modello si manifesta in due (o più) delle aree seguenti:

    • Cognitività

    • Affettività

    • Funzionamento interpersonale

    • Controllo degli impulsi



  • Criterio B: Il modello abituale risulta inflessibile e pervasivo in una varietà di situazioni personali e sociali.

  • Criterio C: Il modello abituale determina un disagio clinicamente significativo e compromissione del funzionamento sociale, lavorativo e di altre aree importanti.

  • Criterio D: Il modello è stabile e di lunga durata, e l’esordio può essere fatto risalire almeno all’adolescenza o alla prima età adulta.

  • Criterio E: Il modello abituale non risulta meglio giustificato come manifestazione o conseguenza di un altro disturbo mentale.

  • Criterio F: Il modello abituale non risulta collegato agli effetti fisiologici diretti di una sostanza o di una condizione medica generale.


Disturbo Narcisistico di Personalità


La caratteristica essenziale del Disturbo Narcisistico di Personalità è un quadro pervasivo di grandiosità, necessità di ammirazione, e mancanza di empatia, che comincia entro la prima età adulta ed è presente in una varietà di contesti.


I criteri "A" diagnostici proposti dal DSM-IV-TR per il Disturbo Narcisistico di Personalità sono:


A. Un quadro pervasivo di grandiosità (nella fantasia o nel comportamento), necessità di ammirazione, e mancanza di empatia, che comincia entro la prima età adulta ed è presente in una varietà di contesti, come indicato da cinque (o più) dei seguenti elementi:



  • ha un senso grandioso di importanza (per esempio esagera risultati o talenti, si aspetta di essere notato come superiore senza un adeguata motivazione);

  • è assorbito da fantasie di illimitati successo, potere, fascino, bellezza, e di amore ideale;

  • crede di essere “speciale” e unico, e di dover frequentare e poter essere capito solo da altre persone (o istituzioni) speciali o di classe elevata;

  • richiede eccessiva ammirazione;

  • ha la sensazione che tutto gli sia dovuto, cioè, irragionevole aspettativa di trattamenti di favore o di soddisfazione immediata delle proprie aspettative;

  • sfruttamento interpersonale, cioè, si approfitta degli altri per i propri scopi;

  • manca di empatia: è incapace di riconoscere o di identificarsi con i sentimenti o le necessità degli altri;

  • è spesso invidioso degli altri, o crede che gli altri lo invidino;

  • mostra comportamento o atteggiamenti arroganti e presuntuosi.


Da: studiopsicologia.com

Modelli teorici del narcisismo









































Modello teorico di riferimento



Freud



Kohut



Kernberg



Scopo principale del trattamento



 



Favorire, assecondare e lasciare crescere il Sé grandioso riattivato e le richieste narcisistiche che si stabiliscono attraverso le traslazioni narcisistiche. L’analista mantiene continuamente attivato il bisogno narcisistico infantile, e allo stesso tempo gli sbarra la strada della fuga regressiva, e gli impedisce la gratificazione, cosicché l’unica via aperta rimane quella della guarigione – interiorizzazione trasmutante -.



Per la personalità narcisitica: interpretazione e scioglimento del Sé grandioso patologico e delle difese caratteriali narcisitiche, favorendo l’integrazione delle immagini buone e cattive del Sé e degli oggetti. Per la personalità narcisitica con funzionamento caso al limite: interpretazione dei meccanismi di difesa primitivi per rinforzare l’Io ed evitare la perdita dell’esame di realtà, con conseguente miglioramento della relazione interpersonale.



Trattamento



Nessun trattamento possibile in virtù dell’incapacità relazionale che non consente lo sviluppo della relazione di traslazione.



Psicoanalisi.



Psicoanalisi – per la personalità narcisistica – e trattamento supportivo espressivo- per la personalità narcisistica con funzioamento caso al limite.



Indicazioni e strumenti diagnostici



Malfunzionamento sociale, incapacità relazionale, distacco dalla realtà.



Tipo di traslazione che si sviluppa in corso di analisi: traslazioni narcisistiche (idealizzante, speculare o gemellare).



Tipo di traslazione che si stabilisce durante il trattamento e tipo di difese utilizzate.



Eziologia



Ritiro della libido sull’Io – introversione della libido - dovuta a frustrazioni e delusioni relazionali che causano ferite narcisistiche: narcisismo secondario.



Alternarsi traumatico di empatia difettosa, di mancanza o di eccesso di empatia e/o di riconoscimento da parte dei caregiver, che causa fissazioni a configurazioni arcaiche del Sé grandioso e/o a oggetti-Sé arcaici sopravvalutati e investiti di libido narcisistica, e non permette l’interiorizzazione trasmutante e la conseguente formazione di strutture psichiche stabili e coesive del Sé.



Sviluppo di un Sé grandioso patologico dovuto a problematiche relazionali/empatiche con le principali figure significative, ad un’eccessiva pulsione orale aggressiva e a meccanismi di scissione che dominano l’introiezione di immagini di oggetti e del Sé, causando la fusione tra Sé ideale, oggetto ideale e immagini attuali del Sé.



Classificazione del disturbo



Nevrosi narcisistich e.



Disturbo narcisistico di personalità o del comportamento.



Personalità narcisistica e personalità narcisistica con funzionamento caso al limite.



Da: studiopsicologia.com

Goldberg: Narcisismo e disumanizzazione

Goldberg (1995), esponente della Psicologia del Sé, introduce all’interno del modello kohutiano il tema della disumanizzazione, tema che riteniamo essenziale per quel che riguarda l’analisi delle motivazioni psicodinamiche soggiacenti i comportamenti criminali ad opera di individui narcisisti.


Disumanizzazione è un termine convenzionale che indica un atteggiamento gravemente negativo verso un altro essere umano e un modo di trattarlo. Secondo Goldnerg la disumanizzazione implica un grado di giudizio, una valutazione che si accompagna alla mancanza di empatia in generale per la condizione dell’altro ed in particolare per la sofferenza dell’altro; talvolta però essa è accompagnata dal piacere di procurare dolore nell’altro. In questo senso la disumanizzazione diviene caratteristica essenziale sia dell’aggressività che della sessualità, ed in quest’ultimo caso si manifesta attraverso le perversioni.


La disumanizzazione è mossa da affetti quali la rabbia e la collera; secondo Goldberg (e secondo Kohut) la rabbia del narcisista ha una duplice origine: da un lato scaturisce da un danneggiamento della grandiosità, dall’altro deriva dalla perdita del controllo e dalla rottura della fusione con l’oggetto idealizzato onnipotente. La rabbia dunque deriva sia da una ferita narcisitica che da un tentativo di ristabilire l’integrità del Sé, ed opera col fine di rendere disponibile incondizionatamente un oggetto-Sé ammirante e di fondersi con un oggetto-Sé idealizzato.


Dunque secondo Goldberg la disumanizzazione nasce da un’intensa rabbia narcisistica e può essere canalizzata in attività violente (sessuali e non) in cui la mancanza di empatia con la condizione dell’altro può mettere l’individuo narcisista in condizione di compiere azioni aberranti e riprovevoli.


Il seguente schema riassume il modello della disumanizzazione proposto da Goldberg:



Da: studiopsicologia.com

Bergeret: dalla ferita narcisistica all'aggressività

Bergeret (1996) nello studio della personalità normale e patologica introduce il concetto di struttura. Ciascun individuo possiede una struttura, ciascuno di noi ha un nucleo, una modalità d’essere, uno stile di vita, una tipologia psicologica che lo caratterizza.


Bergeret ipotizza tre nuclei essenziali: un nucleo nevrotico, un nucleo psicotico e un nucleo che possiamo definire al limite. Il nucleo nevrotico richiama la parola nevrosi, cioè i disturbi psichici che riguardano i conflitti, le paure, i dubbi, le angosce. Il nucleo psicotico richiama la parola psicosi, una patologia più grave rispetto alla nevrosi infatti, in termini psichiatrici, riguarda la perdita dell’esame di realtà e una perdita parziale o totale della capacità di relazionarsi alli altro. Il nucelo al limite si colloca e metà strada rispetto ai precedenti.


Queste tre strutture costituiscono una sovrastruttura che ha la capacità di adattarsi al mondo; secondo Bergeret una persona normale è caratterizzata da una serie di meccanismi adattivi che permettono la capacità di condividere con altri i propri vissuti e la propria esistenza.


La patologia, invece, subentra quando avvengono un evento traumatico, una serie di microtraumi, esperienze particolari, esperienze di separazione, la fine di una relazione che sosteneva la sovrastruttura adattiva, che vanno a rompere queato equilibrio d’adattamento e che favoriscono l’emergere di ciò che costituisce il nucleo nevrotico, psicotico o al limite di ciascun individuo. Questo è ciò che avviene quando ad esempio una persona, licenziata dal lavoro, “impazzisce” e viene ricoverata ain un’ospedale psichiatrico, oppure si suicida; probabilmente questo era il contenuto del suo nucleo psicotico e quando il trauma del licenziamento ha rotto questa sovrastruttura adattiva è emerso in superficie.


Secondo Bergeret la differenza di personalità non è altro che il percepire il nucleo originario, il nucleo strutturale, che caratterizza ciascun individuo. La struttura normale è quindi una sovrastruttura, ma le diverse strutture che le caratterizzano presentano nuclei diversi a seconda degli individui; in altre parole esistono molteplici nuclei strutturali che cosituiscono molteplici sovrastrutture “normali”.


Le strutture nevrotiche in cui l’istanza dominante è il SuperIo, sono la struttura ossessiva e quella isterica, che a sua volta si diferenzia in angoscia e conversione; le strutture psicotiche, in cui è predominate l’Es, sono di tipo paranoico, melanconico e schizofrenico; le strutture al limite, incentrate sull’Ideale dell’Io, riguardano i caratteri narcisistici.


La patologia delle strutture narcisistiche si manifesta attraverso disturbi nell’area del Sé, in cui sono centrali temi quali autostima, potenza e vergogna. Bergeret, in linea con quanto sostenuto da Kohut, afferma che il Novecento ha segnato il passaggio da una cultura di tipo moralistico dominata dal tema della colpa, ad una società incentrata sull’apparenza, l’esibizionismo e la grandiosità: la “cosiddetta cultura del narcisismo” (Lasch, 1979).


Questo passaggio implica il proliferarsi di disturbi di tipo narcisistico, disturbi legati quindi alla regolazione dell’autostima che spesso possono essere confusi con disturbi depressivi di tipo nevrotico, ma che, secondo Bergeret, non sono altro che l’atra faccia della medaglia del narcisismo: vuoto, noia, depressione vs potenza, trionfo, esibizionismo e grandiosità.


I temi che caratterizzano i disturbi e le strutture narcisistcihe sono dominati da angoscie di tipo pre-Edipico, profonde ed esistenzaili, che originano da livelli aracaici e primitivi dello sviluppo libidico e pulsionale dell’individuo, quali: la perdita dell’oggetto d’amore (ansia di separazione), l’angoscia persecutoria e l’angoscia di disintegrazione. Ferite narcisistiche, provocate da frustrazioni ambientali (relazionali e non) provocano il riemergere di queste angoscie arcaiche e primitive che irrompono nell’inidivduo e che possono portare ad un’episocio psicotico o alla frammentazione del Sé (psicosi conclamata di tipo depressivo) e quindi a comportamenti istintuali e pulsionali non più mediati da strutture quali Io e Super-io.


E’ proprio questo il passaggio all’interno del quale può collocarsi il fatto reato, in cui un’azione criminale che trae origine dalla pulsione aggressiva sollecitata da una ferita narcisistica, può rappresentare un tentativo di fronteggiare l’angoscia profonda di frammentazione del Sé, ed un tentativo di affermarsi, di sentirsi vivo e di poter dire “esisto ancora”.


Il percorso indicato da Bergeret rispetto ai disturbi narcisistici è il seguente:



Bergeret individua, inoltre, diverse sottocategorie rispetto ai caratteri narcisistici: il carattere abbandonico, il carattere del predestinato, il carattere narcisistico-fobico, il carattere fallico, il carattere depressivo, il carattere ipocondriaco, il carattere psicastenico, il carattere psicopatico e il carattere ipomaniacale. Li analizzeremo in rapporto alle dinamiche motivazionali che possono tradursi in azioni aggressive e quinid nel compimento del fatto reato.


Il carattere abbandonico: la perdita dell’oggetto domina questo tipo di struttura, in essa si distunguono tre caratteristiche primarie: l’angoscia abbandonica, la non-valorizzazione e l’aggressività reattiva. Un individuo con questo tipo di struttura prova difficoltà ad affermarsi, dubita di se stesso (bassa autositma) e della possibilità di essere amato (non-valorizzazione) e prova intensa rabbia espressa attarverso l’aggressività, concepita come una rivendicazione rispetto alle frustrazioni passate; infliggere agli altri le stesse frustrazioni rimane uno scopo ricercato e al tempo stesso proibito; può accadere però che tale proibizione viene a mancare sotto la spinta di un’aggressività troppo elevata, in questo caso l’inibizone comportamentale viene a cadere e il soggeto può passare all’azione.


Altro scopo dell’aggressività è quello di dominare l’oggetto per impedire un possibile abbandono e far sì che possa rimanere vicino e assolvere ad una funzione rassicurante. Anche in questo caso però una “minima mancanza” affettiva percepita dal soggetto può scatenare un vissuto ostile e concretizzarsi in azioni aggressive che prescindono dai legami passati o dalla ragionevolezza del’avvenire; in altre parole anche una minima frustrazione, non percepita come tale però dal soggetto, può portarlo ad aggredire una persona anche molto cara, arrivando, in casi estremi, ad ucciderla per “tenerla vicino”. Il primo omicidio compiuto dal serial killer Jeffry Dahmer può essere spiegato da questo tipo di dinamica, egli infatti confessò di aver uccisio mosso dalla paura di perdere quella persona, per far sì che potesse rimanere sempre lì con lui. Si può dire che in qualche modo tali soggetti non hanno ancora raggiunto la “costanza dell’oggetto d’amore”, o per dirla in termini della teoria dell’attaccamento non avendo interiorizzato figure d’attaccametno che svolgono funzione di base sicura, tali individui temono continuamente di essere abbandonati e che la seprazione momentanea da altri significativi rasppresenti sempre un addioe porti quidni alla frammentazione del Sé.


Il carattere del predestinato: in qesuto tipo di struttura si manifesta quella che reud chiamò “coazione a ripetere”, una manifestazione della pulsione di morte. Tali soggetti proiettano all’esterno la propria pulsione aggressiva, e tendono a ripetere vissuti spiacevoli con lo scopo di controllare in qualche modo la realtà esterna, perché il non conrollarla e il far emergere contenuti rimossi ancor più spaventosi sarebbe intolerabile. Spesso questi soggetti compiono azioni autolesive, masochistiche e autopunitive.


Il carattere narcisistico-fobico: in questa struttura l’inibizione dell’ambivalenza dipendenza-aggressione domina le dinamiche interne e relazionali. Tali soggetti hanno paura d’aver paura e si relazionano con continui atteggiamenti di sfida che tengono a distanza l’altro, e con comportamenti controlanti nei confronti diegli oggetti controfobici con cui si identificano.


Il carattere fallico: individui con questo tipo di struttura sono dominati dal tema della competizione, il carattere fallico, che spesso si manifesta con un omosessualità attiva, rappresenta una difesa contro la sottostante depressione, da cui fuggono continuamente e che talvolta però può emergere con conseguenze psicopatologiche e comportamentali anche molto gravi.


Il carattere depessivo: tale struttura presenta tematiche arcaiche pregenitali che si manifestano sotto forma di fissazioni orali ed erotismo orale, che il soggetto utilizza difensivamente per proteggersi dalla profonda depressione che lo caratterizza.


Il carattere ipocondriaco: in questa struttura il soggetto ritira gli investimenti libidici dall’oggetto esterno per riversarli sul proprio corpo, in modo da poter controllare la pulsione aggressiva colpevolizzando la “malattia” vissuta come oggetto cattivo persecutore; talvolta il soggetto può arrivare a compiere azioni autopunitive verso la parte del corpo vissuta come oggetto esterno persecutore.


Il carattere psicastenico: questa struttura fzniona in modo simile alle personalità ossessive, la differenza sostanziale è che l’iposessualità la rigidità morale, ecc., non vengono controllate dal Super-io (che risulta scarsamente integrato) ma da l’ideale dell’Io dei genitori stessi.


Il carattere psicopatico: tale struttura è dominata dal tema dell’asocialità:; individui con questa struttura sono alla ricerca continua dell’attenzione dell’oggetto d’amore dal quale si sentono dimenitcati e mal amati; la pulsione aggressiva quinid diviene il mezzo per richiamare l’oggetto damore e per rivenidcare l’amore non avuto; in altre parole sono mossi da un eccesso affettivo e da un’instabilità emozionale. E’ facile intuire come questo tipo di struttura possa rappresentare il sostrato ideale per un comportamento aggressivo e per il passaggio al compimento del fatto reato. Tali soggetti infatti spesso compiono azioni violente ed aggressive mosse da una forte pulsione sadico-orale aggressiva, la cui scarica rappresenta la più alta fonte di soddisfazione. Talvolta i comportamenti aggressivi possono essere autodiretti e portare al suicidio, in linea con la sottostante struttura depressiva che caratterizza sempre i tratti narcisistici.


Il carattere ipomaniacale: tale struttura è incentrata sull’attività agita in modo difensivo per fuggire dalla forte depressione sottostante. Tali soggetti vivono una sessualità intensa e si impegnano in diverse attività che fungono da difese contro il vuoto depressivo. Talvolta la depressione può prendere il sopravvento e tradursi in un carattere maniaco-depressivo.


Da: studiopsicologia.com