sabato 29 settembre 2007

NARCISISMO PRIMARIO E GRUPPO

In un freddo giorno d'inverno,i membri di un 

branco di porcospini si ammucchiarono per 

trasmettersi calore e non morire di freddo.

Però molto presto sentirono le spine degli altri

E furono costretti a distanziarsi. Quando il bisogno

Di riscaladarsi li spinse a riavvicinarsi, riaccadde 

La stessa cosa, e così si viderò sballottati tra queste

Due disgrazie, fino a quando riuscirono a trovare 

La giusta distanza che permise loro di stare al meglio"

Schopenhauer, 1851


Come arrivare a dimostrare che un insieme di sconosciuti possa giungere ad essere definito ciò che, a partire da quel dato momento sarà chiamato "gruppo"e, sarà visto da essi stessi e da chiunque si trovi ad osservarlo, come un'unità: un'unità nella misura in cui esso aspira a "comportarsi" come tale e nella misura in cui sembra si adoperi per farlo.





1- ANTECEDENTI



Nel suo "Psicologia delle masse e analisi dell'Io", sviluppando in maniera unita le due istanze che sono enunciate nel titolo, Freud da il via alla spiegazione di ciò che in Psicoanalisi è stato sempre considerato un vero e proprio nodo problematico: la relazione conflittuale tra il gruppo ed il narcisismo individuale, tipica di ogni essere umano "continuamente sballottato e trascinato tra queste due disgrazie".

Freud sostiene che il gruppo può esistere in quanto tale, grazie alla idealizzazione di un intermediario: una persona o un pensiero rivestito di un ruolo e posto ad un livello gerarchico differente rispetto a quello in cui si trovano gli altri membri del gruppo i quali, grazie allo stato di comunione, creatosi conseguentemente al processo di idealizzazione, possono identificarsi l'uno nell'altro. Si occupa quindi, partendo da questo presupposto, delle relazioni all'interno delle quali vengono mantenuti i meccanismi di identificazione e di idealizzazione, nei quali è contenuta la "risoluzione"di quello che è il conflitto Io/gruppo, altrimenti irrisolvibile.

In un primo momento Freud considera identificazione ed idealizzazione come meccanismi opposti, da un punto di vista dell'arricchimento e dell'impoverimento dell'Io, per quanto concerne il flusso della libido.

Nell'identificazione l'Io, abbandonato l'oggetto investito, ha come destinatario l'Io; nell'idealizzazione invece, abbandona l'Io per sovrastimare l'oggetto, a spese dell'investimento narcisistico.

Senza dubbio, dice Freud, tale opposizione è in realtà un espediente.

I due meccanismi possono infatti coesistere, sempre che sia possibile distinguerli, dice, a seconda "che l'oggetto si ponga al posto dell'Io o dell'ideale dell'Io". In questo caso, l'oggetto perduto che rappresenta la condizione dell'identificazione, potrà senza dubbio essere conservato nell'idealizzazione, in quanto oggetto idealizzato.

Si può così vedere come, ciò che risultava un conflitto tra investimenti dell'Io e di qualcosa che era a lui esterno, l'oggetto, diventa un conflitto tra istanze psichiche. Questa "soluzione", con la quale Freud enuncia dei concetti che lo porteranno a a formulare la sua seconda topica, indica lìarea di interesse privilegiato dei suoi studi: non tanto la specificità del gruppo come oggetto, ma più che altro l'analisi dell'Io.

Quando W. R. Bion (1948) intraprende le sue ricerche, ha delle posizioni molto differenti da quelle di Freud: il suo oggetto di analisi è il gruppo -vuole comprendere il gruppo-, e si interroga sulle modalità di comportamento di una "aggregazione"di persone " come se si fossero messe d'accordo". Propone quindi che alcune delle forme inconsce di ciascuno siano riposte unanimemente, anonimamente ed involontariamente in un contenitore che chiama "mentalità di gruppo". La "mentalità di gruppo" entra in conflitto con "l'individuo" ed arriva così a produrre una forma di compromesso, la "cultura di gruppo". A questo punto va sottolineato che questa forma fantasmatica -costituita dagli assunti di base, derivazioni di una fantasia di una scena primaria molto primitiva- risulterebbe allora, per la sua capacità di amministrare le relazioni tra l'individuale discriminato ed il collettivo indiscriminato, una forma intermediaria.

L'aver posto l'accento su tematiche differenti, l'uno (Freud) maggiormente sull'oggetto e l'altro (Bion) sull'oggetto gruppo, ha portato a non poche conseguenze. Partendo da un'ottica che possiamo definire"gruppale", Bion contribuisce alla comprensione del gruppo con idee decisive. Da un lato oltre a definire l'unità di gruppo come una fantasia, spiega il costituirsi della realtà psichica del gruppo in base all'azione di formazioni molto specifiche, che non potrebbero produrre gli stessi effetti al di fuori della realtà materiale del gruppo. Per arrivare al nocciolo, quanto detto serve per poter considerare la leadership come un fenomeno di produzione gruppale.

Nonostante tutto ed aldilà delle differenze, tanto Freud quanto Bion riscontrano nel nodo della relazione individuo/gruppo un conflitto, il cui superamento necessita della presenza o la creazione di un intermediario.

Didier Anzieu (1978), che riprende nei propri lavori l'idea di Bion circa la fantasia come mediatrice di questa relazione individuo/gruppo, sviluppa la valida ipotesi di un'analogia tra gruppo e sogno, analizzando le connessioni tra gruppo ed Io, dal punto di vista delle forme di regressione che entrambe le situazioni -tanto il gruppo quanto il sogno- suscitano. Egli sviluppa il concetto di regressione in riferimento al narcisismo primario e secondario, maggiormente, come appare nel testo (cit. pag. 83), dell'ultimo. Ed è sicuramente per questa ragione che non trova ostacoli nell'indicare che il gruppo è contemporaneamente una minaccia primaria per ciascun Io che vuole vedersi come l'unità indipendente che pretende di essere arrivato ad essere, ed inoltre che gli esseri umani entrano nel gruppo nello stesso modo in cui quando si addormentano entrano nel sogno

La prima affermazione indica evidentemente il conflitto, che dire però della seconda? Quando sperimentiamo o percepiamo l'inquietudine che il costituirsi di un nuovo gruppo produce, non possiamo non affermare che l'entrare in un sogno, generalmente non ci turba in ugual misura: noi desideriamo dormire e desideriamo sognare, anzi, è proprio quando questo non accade che ci sentiamo disturbati. Quindi,pur riconoscendo il notevole apporto dato dall'acuta formulazione delle sue analogie,ci deve sicuramente essere una sostanziale differenza tra "entrare in un gruppo" ed "entrare in un sogno".





2-LA PRIMA FORMA DI NARCISISMO



Riguardo al conflitto Io/gruppo, appare realmente difficile considerare questa relazione come non conflittuale se solo si tiene in conto il narcisismo che investe l'Io come oggetto. Se però si va un passo indietro nello sviluppo evolutivo e ci si sofferma agli esordi della vita mentale, evidentemente gruppo ed Io non possono scontrarsi fintanto che non facciano parte di un'unica realtà psichica.

Partendo dalle indicazioni di Freud (1914) riguardo all'origine del narcisismo nel bambino considerato un'eredità ed una perpetrazione del narcisismo dei genitori, idea che Piera Aulagnier (1975) formalizzerà nel suo concetto di contratto narcisistico, risulta chiaro che la prima forma di narcisismo è connotata dalla condivisione, nel sentimento di reciprocità, però allo stesso tempo in quello di indifferenziazione, supposto che l'investimento, congiunto, tanto della madre (o dei genitori) quanto del bambino, deriva dalla continuità, da questa unità madre-bambino dalla quale solo in seguito nasceranno l'Io e l'oggetto.



La creazione-scoperta dell'Io. Il non-Io



Si colloca esattamente dentro quella entità primitiva nella quale troverà posto il nuovo atto psichico dal quale si costituisce l'Io come differenziazione, come una nuova unità. Ed è solo allora che il narcisismo potrà consolidarsi come "individuale".

Il narcisismo individuale è pertanto secondario al primo, quello cioè che investe l'unità madre-figlio, ed in esso mette le sue radici, premesso che il nuovo atto psichico, grazie al quale l'Io diviene oggetto è dato da una creazione-scoperta che deve necessariamente nascere da qualcos'altro: nasce dal proprio corpo e dalla propria psiche e dal corpo e dalla psiche materna, del gruppo e della cultura.

L'Io è un oggetto scoperto, perché è stato anticipato e reso possibile nella mente degli altri, come dire che esisteva già in uno spazio psichico precedentemente alla sua scoperta "spazio nel quale l'Io può nascere". Tuttavia questa anticipazione non è sufficiente a garantirne il divenire, perché, giunto il momento, dovrà essere creato, proprio da un nuovo atto psichico. L'anticipazione è solamente -e tuttavia niente meno che- un dispositivo significativo.

Tuttavia l'essere significativo necessita di un'appropriazione, un lavoro psichico di riappropriazione, per proprio conto, di ciò che sta lì per essere preso.

Che l'Io trovi le sue radici nel narcisismo primario significa che nella sua costituzione intervengono i tre elementi che R. Kaës (1984) ha identificato in questo meccanismo. Tra ciò che funziona come base e ciò che vi si appoggia esiste una relazione complessa. In primo luogo, un appoggio: in un punto preciso, il puntale e ciò che vi si appunta, formano un corpo, nel senso che, in questo determinato punto, non possiamo distinguere l'uno dall'altro (il corporeo dallo psichico, per esempio). In un secondo momento, ciò che è appuntato si modella sopra ciò che funziona da puntale (come, per esempio, quando si sceglie come base d'appoggio un oggetto che prende come modello l'oggetto materno). In un terzo momento, tra il puntale e ciò che vi si appunta comincia a verificarsi un separazione, che appare proprio lì dove il puntale è assente. E' proprio in questo punto di separazione tra puntale ed oggetto appuntato, che determina il luogo di assenza del puntale, che dovrà verificarsi, benché nessuno lo possa garantire, un passaggio di trasformazione, una trascrizione creativa di ciò che risulta appunto, qualcosa di nuovo. E' proprio l'assenza del puntale la condizione ideale al fine di permettere, non di garantire però, questo passaggio da un livello ad un altro, o da un oggetto ad un altro. E' in questo momento ed in questo atto che il puntale, che fino ad ora è stato l'oggetto, diviene un non-oggetto, come a dire, diviene lo sfondo del nuovo oggetto creato.

Pertanto, la costituzione dell'oggetto-Io, per puntellamento, indica che il narcisismo individuale, secondario, che lo investe, aldilà di essersi appoggiato nel e modellato su quello primario, ha in parte dovuto "perderlo" per, in sua assenza, costruire l'Io, più precisamente l'oggetto, la cui creazione deriva dal lavoro e dalla elaborazione della perdita di quella unità indifferenziata. Da parte sua, quest'ultima struttura, che ha funzionato come punto d'appoggio, passerà nello stato di non-oggetto, in questo caso, non-Io.

Da questo punto di vista, la gruppalità narcisista primaria, metaforicamente ricostruita nell'Io, è il suo negativo.





Narcisismo e puntellamento



Secondo questa prospettiva, risulta evidente che la relazione tra narcisismo e puntellamento non può essere definito unicamente di tipo oppositivo, come potrebbe sembrare a prima vista in base alla distinzione che propone Freud, relativa alle due modalità della scelta dell'oggetto.

L'opposizione tra narcisismo e puntellamento potrebbe essere meglio descritta come una tensione fra tendenze. La tendenza propria della dimensione narcisista, come tendenza alla conservazione della modalità e degli oggetti di soddisfazione già conseguiti, con il rifiuto della perdita, della assenza e della proibizione. La tendenza propria del puntellamento, come disposizione a riconoscere che qualcosa manca ed a rimpiazzarla attraverso una moltiplicazione delle modalità e degli oggetti in grado di produrre soddisfazione in sua vece-con il conseguente lavoro, che consiste nella lotta per l'unico.

Senza dubbio, dal punto di vista secondo il quale il motivo ultimo di tutto il lavoro di destrutturazione e di costruzione è la aspirazione alla perpetuazione e l'ampliamento dell'unità, le due tendenze sono complementari: tutta la creazione ha qualcosa di , qualcosa che riguarda l'estensione e l'affermazione dell'Io. In ultima istanza, è questa ricerca narcisista di recupero di ciò sarebbe stato e potrebbe tornare ad essere un tutto, ciò che funziona come motore ed incentivo per il lavoro psichico. E' proprio questa ricerca che stimola il lavoro di elaborazione della perdita, sapendo che questa elaborazione si manifesta in una nuova identificazione o nella creazione-incontro di un nuovo oggettod'amore. 









3- NARCISICMO PRIMARIO E GRUPPO





Ebbene, cosa significa per l'Io una regressione al narcisismo primario? 

Per quanto esposto prima, il predominio che, in qualunque caso, può acquisire il narcisismo primario rispetto all'Io e che per tanto non presuppone all'Io come atto ma come una potenzialità, come un'anticipazione nella mente di un altro, significa per lui una posta in gioco. Significa porre in gioco il credere nell'Io come unità autonoma sin dall'inizio e per tanto di un acquisizione su quella che sarebbe la sua capacità di autogestirsi.

L'Io si pensa come qualcosa "che non deve nulla a nessuno". Questo equivale ad esprimere che, oltre che essere, come l'individuo, "per se stesso il proprio fine", è pure, citando Freud "per se stesso la propria origine": è proprio la sua costruzione transizionale e da tale punto di vista pretende, per essere, il rispetto del paradosso fra il suo essere e la sua origine.

Se riproponiamo adesso la definizione di Freud di massa primaria, come lui la chiama, perché "non ha potuto acquisire in seguito, per un eccesso di organizzazione le proprietà di un individuo" (1921, pag. 109), vediamo che a questo livello non esiste nessuna difficoltà affinché operino contemporaneamente identificazione e idealizzazione.

A questo livello, nel narcisismo primario, avviene ciò che nello stesso testo Freud descrive come identificazione primaria,inscindibile dalla prima investititura di oggetto e, per tanto, dalla idealizzazione. Lì, sia le investiture di oggetto -identificatoria ed idealizzante- quanto i suoi destinatari -l'Io e l'oggetto- sono convergenti e coincidenti.

Di conseguenza, per iniziare il processo di differenziazione sarà necessario che si verifichi prima l'esperienza della separazione e quella del desiderio, in seguito all'unità primaria. Questo è, in ogni caso, solo l'inzio di questo processo che porterà in seguito alla ricostruzione dell'Io come oggetto.

Diciamo allora che, l'angoscia sofferta dall'Io nell'impatto del primo incontro con altri che vogliono formare un gruppo corrispondono allo sfaldamento del narcisismo secondario, per l'attualizzazione del narcisismo primario. Questa gruppalità primaria che precede l'Io non necessariamente lo presuppone, a meno che non avvenga nella mente di un altro la cui rappresentazione psichica dipenderà dall'Io per arrivare ad essere. Ciò che talvolta caratterizza meglio questa situazione è, più che l'angoscia l'abbattimento.

Per questo esiste una differenza cruciale fra "entrare in un gruppo" ed "entrare in un sogno": nel sogno, rispetto all'Io , si ha lo stesso impatto che si ha nell'incontro con altri per formare un gruppo, perché, nel sogno l'Io non rischia la propria esistenza, perché sogna oggetti interni che, siano essi tranquillizzanti o terrorizzanti, sono insiti in lui.

Nel sogno individuale l'Io è, per se stesso, il proprio presupposto; l'Io può lì "realizzare" il suo desiderio e la più primordiale delle sue aspirazioni: essere contemporaneamente gruppo e possederlo, che equivale ad ottenere simultaneamente unità e separazione. Salvo diversa patologia, la gruppalità primaria si mantiene nel sogno, come un fondo stabile che non sarà messo in discussione e, nel quale, è possibile lo svolgimento della rappresentazione del contenuto manifesto.

Il progetto di gruppo, invece, include l'Io immediatamente e, anche se provvisoriamente, in un modo massivo, in quello che no solo non è lui - distinzione possibile solo dal narcisismo secondario-, ma che è lì dove lui non è e dove potrebbe, talvolta, non essere. Per esprimerlo in un'altra forma: l'incontro con la gruppalità primaria non è per l'Io un incontro con l'opposto ma un immersione nella disgregazione. La sensazione corrispondente si può manifestare con il silenzio che si instaura quando, durante un discorso, si dà spazio alle domande del pubblico.

Dal suo canto, il dispositivo analitico di gruppo, e specialmente di gruppo psicoanalitico di riflessione, dove l'ambiguità del compito è maggiore che, per esempio, in un gruppo terapeutico, si presta in modo particolare a mettere in evidenza lìattualizzazione di questa formazione primaria e quindi della sua analisi. In questi momenti, presedenti all'organizzazione, che farà - per ognuno- dell'insieme un gruppo, questo sconcerto dell'Io si manifesta molto drammaticamente. L'abbattimento stesso è espresso dal silenzio.

Come tentativi di recupero nascono le identificazioni d'urgenza, che ha descritto Andrè Missenard (1982) e che possono manifestarsi, per esempio, nella proposta di presentazioni individuali o altre domande/offerte di referenze identificatorie. Contemporaneamente nascono quelle che chiameremo confini d'urgenza che corrispondono ai tentativi di determinare i margini del raggruppamento. Frequentemente questi confini si cercano nelle richieste di chiarimenti delle regole, della consegna del lavoro, nella richiesta di dibattiti, nell'analisi di redifinizione positiva del compito che unisce il gruppo, nella richiesta di concettualizzazioni teoriche della psicoanalisi, ecc.

E' interessante evidenziare come le risorse frapposte in urgenza, per precisare i confini, quelli dell'Io e quelli del gruppo -mentre si sostengono reciprocamente- molte volte in questi primi momenti difficilmente diversificabili fra loro: mentre si domandano/offrono relazioni demarcatorie dei confini dell'insieme, implicano la richiesta di tratti in quel momento individualizzanti. Per esempio domande come: "Manca qualcuno?", "Chiudiamo la porta?" riconducono necessariamente ad altre come: "Chi siamo?", "Perché ci siamo riuniti?","Su richiesta di chi ci siamo riuniti?".

Nei gruppi già formati invece può accadere che i confini d'urgenza appaiano differenziati meglio delle identificazioni d'urgenza. Per esempio, quando si verifica una crisi all'interno del gruppo per l'allontanamento di qualche membro significativo o di vari membri contemporaneamente o in un lasso di tempo troppo breve per una prudente o cauta elaborazione della perdita, l'urgenza delimitante sembra predominare su quella identificatoria. Quando si verificano nuove ammissioni generalmente l'urgenza delimitante appare controllata dall'urgenza identificatoria, soprattutto sotto forma di affidamento al "nuovo" o ai "nuovi" dell' angoscia della non assegnazione.





L'anticipazione nella mente dell'altro



Così, l'inizio del processo di organizzazione coincide con il processo di riorganizzazione dell'Io. Il gruppo è stato offerto da un'istituzione, un analista/i che pertanto hanno anticipato la sua esistenza e, ognuno dei partecipanti è stato ammesso, intervenendo con qualsiasi mezzo, per farvi parte. A partire da questa anticipazione, questa rappresentazione "nella mente di un altro" che presuppone il desiderio dell'altro di "formare un gruppo", si sono riuniti adesso e qui quegli Io che realizzano a loro volta il proprio desiderio e quel desiderio originario. Pertanto coloro che sono (colui che è) il "gruppo", coloro che formano (colui che forma) e che sono riusciti (omni) potentemente a riunirlo, sono le domande le cui diverse risposte forzeranno le procedure di passaggio fra le unioni e le separazioni, le fusioni e le discriminazioni che, se "tutto va bene", genereranno il gruppo come oggetto comune, intermediario, di passaggio.





Dal "sentimento oceanico" all'illusione gruppale 



La definizione bioniana del gruppo come un "insieme di individui nel medesimo stato di regressione" risulta apparentemente respinta dalla posteriore affermazione di René Kaës (1993) circa la singolarità della regressione di ogni Io impegnato in un gruppo. Dobbiamo allora considerare contradditori entrambe le domande o, come siamo inclini a pensare, l'una e l'altra si riferiscono a diversi livelli di analisi?

Considerando il livello in cui si gioca la più primitiva formazione psichica, quella che, cronologicamente e strutturalmente, precede la differenziazione tanto dell'Io come di ogni oggetto, incluso il gruppo come oggetto, vale a dire la competenza della proposta di Bion, dato che, riferendoci al primo narcisismo, la regressione sarebbe identica in tutti i soggetti rispetto all'attivazione della gruppalità primaria. 

Sebbene paragoniamo questo stato al sentimento oceanico pensiamo che forse sarebbe meglio descriverlo come illusione oceanica, nella misura in cui l'espressione che l'accompagna non è universalmente uniforme: è diversa in ogni singolo soggetto nell'ambito della polarità piacere-dispiacere. Nell'intergioco fra queste espressioni e le risposte singolari che suscitano, compaiono le forze ed i mezzi capaci di produrre i primi movimenti tendenti all'organizzazione del gruppo. Pertanto la necessità e la possibilità di questa organizzazione contribuisce alle differenze di potenziale affettive d ideative, proprie di ogni soggettività e che sono suscitate dentro e dall'incontro di varie persone. E' in questo senso che non possiamo parlare di una regressione che sia uguale per tutti gli individui.

Ma cos'è il "gruppo" in questi primi momenti per ognuno? Il "gruppo" è ciò che l'Io ha perso per essere e che non rinuncerà mai a cercare di recuperare: è il uso punto di riferimento primario e costante che, paradossalmente, è indispensabile per essere.

Così, creare un gruppo, formare un gruppo è, innanzitutto, per ogni Io, essere un gruppo, far coincidere i confini dell'Io e del gruppo, senza interstizi, senza distanze.

Anche se nella realizzazione immaginaria di questa aspirazione si riconoscono nei diversi raggruppamenti diversi cambiamenti, esiste un fenomeno molto singolare che Didier Anzieu (op. cit.) ha descritto come "stato psichico particolare" che si esprime spontaneamente i frasi come: "stiamo bene insieme" , "formiamo un buon gruppo" e che ha chiamato illusione grippale, la cui modalità di funzionamento è analoga a quella dell'Io ideale.

L'espressione euforica che caratterizza questo fenomeno segnala un trionfo: l'illusione che l'Io e il gruppo coincidano e senza conflitti: essere allo stesso tempo uno e più di uno in funzione della supposta confluenza dei desideri che sono "unanimi" e non più volti al singolo. Ogni Io -ma non solo, non come nel sogno ma, adesso, insieme ad "altri"-, è, senza conflitti, un gruppo, perché vari Io, "unificati" per questo, coincidono nei loro confini con il gruppo che hanno autocreato. E, precisamente, si tratta delle condizioni dell'illusione gruppale: da un lato un'alleanza crea la sospensione delle distanze e la differenza che potrebbero impedire la l'unificazione; dall'altro lato è quest'alleanza che genera il gruppo come proprio. L'euforia celebra la creazione dell'oggetto (narcisista) gruppo, che porta con sé il distacco di quest'oggetto creato rispetto alla mente che lo ha anticipato; mette in evidenza la distruzione di un nuovo atto psichico creatore di tale oggetto, a favore di un'appropriazione che lo trasforma. 





Il collettivo, il conflitto e l'oggetto



La gruppalità primaria costituisce quella parte del collettivo che viene data. La sua attualizzazione con un altro-i può o non può essere tollerata, e se lo è, lo è in modo differente per ogni Io implicato in esso. La singolarità di ogni Io, che può essere indicata in primo luogo dalla presenza o assenza di questa tolleranza, si manifesta in seguito e soprattutto grazie alle risorse con le quali ogni Io affronta questo stato indifferenziato che, come dicevamo prima, non lo suppone, a meno che non sia solo potenzialmente e come anticipazione nella mente di un altro.

Così, nel suo spetto generico, il conflitto Io/gruppo può sorgere solo nel conflitto narcisismo primario/narcisismo secondario, perché è in questo passaggio dove talvolta l'Io si incontra-inventa al prezzo di dover incontrare-inventare successivamente, ogni volta, ciò che lo unisce e lo separa, vale a dire l'intermediario.

Da: funzionegamma.edu

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